La cooperazione globale si è ridotta drasticamente dal 2020: Davos sarà un punto di svolta?
DAVOS - Davos, com'è noto, ospiterà dal 15 al 19 gennaio l'edizione 2024 del World Economic Forum (WEF). I grandi e potenti del pianeta arrivano nella località grigionese in un momento tra i più complicati degli ultimi anni (pandemia di coronavirus a parte): due sanguinosi conflitti in Ucraina e a Gaza, il riscaldamento globale che frantuma i record storici, le preoccupazioni legate all'intelligenza artificiale e un anno con molte elezioni cruciali (a partire dagli Stati Uniti), ma insidiate da manipolazioni e disinformazione.
Cooperazione incrinata
Un contesto globale che non induce certo all'ottimismo, ma i leader mondiali possono sforzarsi e unire le forze per un cambiamento positivo. È quanto afferma il "Barometro sulla cooperazione globale", pubblicato da WEF e McKinsey & Company proprio in vista del meeting di Davos. Il documento analizza l'indebolimento della cooperazione internazionale a partire dal 2020. Le conseguenze, in termini di crisi e conflitti, sono sotto gli occhi di tutti.
Non competizione, ma "coopetizione"
Il Barometro offre degli spunti interessanti. I contrasti in alcune aree del mondo rendono impossibile la cooperazione in tutto il pianeta? Sbagliato: bisognerebbe «concentrarsi sull'individuazione di vie per promuovere interessi comuni che possono esistere nonostante la concorrenza». Basterebbe applicare una pratica nota nel settore privato come "coopetizione": «La cooperazione può coesistere con la concorrenza» e può anche essere usata «per aumentare la fiducia e diminuire inutili rivalità o conflitti».
I manager devono "capire" il mondo
Il ragionamento può valere per i governi, ma anche per le multinazionali. È indubbio che le mutazioni in atto nella globalizzazione siano una sfida primaria per esse, a partire dalle modificazioni nei flussi commerciali globali. WEF e McKinsey & Company sostengono che la cooperazione «deve essere trattata come un muscolo, che può essere rafforzato e che può reagire bene di fronte agli shock geopolitici». Comprendere le connessioni globali, le realtà geopolitiche: questo è richiesto ai manager delle più grandi aziende mondiali. «Questo significa non solo capire i titoli dei giornali, ma avere una comprensione sottile delle sfumature, del contesto e delle potenziali implicazioni».
Il report suggerisce percorsi di diversificazione e un ripensamento del mondo globalizzato, nel quale possano giocare un ruolo cruciale «alternative resilienti per le catene di approvvigionamento e nuove opzioni strategiche che tengano conto degli eventi mondiali».
La fiducia è al centro di tutto
Alla base di tutte queste considerazioni c'è una domanda: il WEF sarà in grado di ripristinare una fiducia generale che, dal Covid-19 a oggi, si è sgretolata? Sarà questo il compito principe della riunione grigionese: senza fiducia non ci può essere cooperazione. E senza cooperazione si andrà incontro a un incancrenimento delle crisi in corso e a nuove criticità, sia geopolitiche che ambientali.