Respinta la mozione del consigliere nazionale ticinese Piero Marchesi (UDC)
BERNA - Tranne che per alcune funzioni legate alla sicurezza o alla giustizia, introdurre una preferenza per i candidati svizzeri ai posti dell'amministrazione federale «sarebbe contrario all'Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC) con l'Ue». È quanto afferma il Consiglio federale in risposta a una mozione di Piero Marchesi (UDC/TI), raccomandando al plenum di respingere l'atto parlamentare.
La proposta - Per il consigliere nazionale ticinese, nei concorsi e nelle assunzioni dirette della Confederazione, come in tutte le aziende regolate dalla Legge sul personale della Confederazione, «a parità di curricula e di requisiti andrebbero preferiti cittadini svizzeri, come prevede tra l'altro l'articolo 121a della Costituzione. Non è raro - scrive Marchesi - che nelle assunzioni vengano preferiti cittadini con permessi per stranieri a scapito di cittadini svizzeri che, pur essendo altrettanto qualificati, non godono di una priorità che ragionevolmente dovrebbe premiare proprio chi è in possesso della nazionalità svizzera».
La risposta - Ma per il governo, una priorità generalizzata agli Svizzeri nelle assunzioni non sarebbe ammesso per via del divieto di discriminazione sancito nell’ALC. «Ai cittadini Ue - precisa l'esecutivo - può essere rifiutato il diritto di occupare un posto presso la pubblica amministrazione per determinate mansioni (lotta alla criminalità internazionale, difesa nazionale, intelligence, guardie di confine e rappresentanza della Svizzera all’estero, per esempio)».
Tra l'altro, fa notare il Consiglio federale nella sua risposta, «negli ultimi anni la percentuale di collaboratori dell’Amministrazione federale di nazionalità svizzera è rimasta costante, attestandosi al 95% circa (escluso il personale dei Servizi del Parlamento, dei tribunali e il personale locale del Dipartimento federale degli affari esteri). La maggioranza degli stranieri (80%), inoltre, ha un passaporto di uno Stato Ue».
Gli stranieri originari di uno Stato non appartenente all’Ue o all’Associazione di libero scambio (AELS) possono essere ammessi in Svizzera soltanto se il datore di lavoro può dimostrare che sul mercato del lavoro svizzero non sono disponibili persone idonee per il posto vacante. La percentuale di cittadini stranieri provenienti da uno Stato non Ue/AELS tra i collaboratori dell’Amministrazione federale è relativamente bassa.
Anche le conoscenze linguistiche richieste ai candidati fanno sì che l’Amministrazione federale impieghi una percentuale relativamente elevata di cittadini svizzeri, sottolinea il governo.