Con questo premio, investigativ.ch intende attirare l'attenzione sugli ostacoli all'informazione.
BERNA - Il Goldener Bremsklotz (freno d'oro) del 2024, un "premio" dell'associazione di giornalisti investigativ.ch attribuito a una persona o un ente che si è distinto per gli sforzi compiuti per impedire che il pubblico sia correttamente informato, quest'anno va al presidente del PLR nazionale e consigliere agli Stati argoviese Thierry Burkart nonché all'ex "senatore" Alex Kuprecht (UDC/SZ).
L'organizzazione professionale giustifica il "riconoscimento", attribuito ogni anno dal 2014, con un postulato della Commissione dell'economia e dei tributi della Camera dei Cantoni (CET-S) inoltrato in seguito alla pubblicazione dei cosiddetti Suisse Secrets, si legge in un comunicato dell'associazione aperta a tutti i giornalisti e documentalisti che lavorano nei media.
Mentre il Consiglio nazionale, a seguito delle rivelazioni dell'inchiesta giornalistica che ha prodotto i Suisse Secrets, ha adottato una mozione per rafforzare la libertà di stampa nel settore bancario e finanziario, gli Stati alla discussione politica hanno dato tutta un'altra piega, si legge nella nota. Nel dicembre 2023 i "senatori" hanno infatti approvato un postulato della CET-S intitolato Gestione dell'ulteriore utilizzo di dati acquisiti illegalmente.
All'epoca Kuprecht era presidente della Commissione e Burkart aveva svolto il ruolo di portavoce commissionale durante il dibattito nel plenum.
Con l'atto parlamentare, il Consiglio degli Stati ha incaricato il Consiglio federale di valutare se la pubblicazione di dati raccolti illegalmente debba essere considerata un reato penale. Secondo investigativ.ch, ciò rappresenterebbe un inasprimento delle disposizioni attuali e non riguarderebbe solo i dati bancari ma, in generale, tutte le informazioni riservate.
La pubblicazione dei Suisse Secrets nel febbraio 2022 aveva scatenato un dibattito politico interno sulla libertà di stampa in Svizzera. Una rete internazionale di media (tra cui i quotidiani tedesco Süddeutsche Zeitung, britannico The Guardian, francese Le Monde e statunitense The New York Times) aveva accusato l'ormai defunto Credit Suisse di aver accettato per anni come clienti autocrati, trafficanti di droga e di esseri umani nonché presunti criminali di guerra.
I media svizzeri non avevano potuto partecipare alla ricerca. Il motivo è che nella Confederazione pubblicare informazioni che rientrano nell'ambito del segreto bancario costituisce reato.