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SVIZZERA25 anni fa gli svizzeri dissero no allo Spazio economico europeo

29.11.17 - 11:12
Presentato all'epoca come l'anticamera dell'adesione all'Ue, l’adesione fu respinta dal 50,3% dei cittadini elvetici
fotolia
25 anni fa gli svizzeri dissero no allo Spazio economico europeo
Presentato all'epoca come l'anticamera dell'adesione all'Ue, l’adesione fu respinta dal 50,3% dei cittadini elvetici

BERNA - Venticinque anni fa il popolo elvetico diceva no allo Spazio economico europeo (SEE). Da allora la Svizzera ha optato per il pragmatismo con Bruxelles nonostante l'opposizione costante dell'UDC.

La votazione sullo SEE è uno degli eventi più importanti se non il più importante degli ultimi 50 anni, ricorda Georg Lutz, politologo all'Università di Losanna. Ha messo sottosopra l'agenda politica del Consiglio federale e palesato una nuova UDC che da allora non ha cessato di rafforzarsi.

Lo SEE, tuttora in vigore, è un accordo che lega i Paesi dell'Unione europea (Ue) e gli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (AELS/EFTA) (Norvegia, Islanda e Liechtenstein) ma non la Svizzera. Presentato all'epoca come l'anticamera dell'adesione all'Ue, è stato respinto il 6 dicembre 1992 dal 50,3% dei cittadini elvetici.

Per il governo, che aveva già depositato una domanda di adesione presso Bruxelles, lo smacco è stato enorme. La Svizzera non ha tuttavia sofferto economicamente per tale rifiuto come alcuni predicevano. Questa "domenica nera" di Jean-Pascal Delamuraz, capo allora del Dipartimento dell'economia, è stata piuttosto il punto di partenza delle relazioni bilaterali con l'Ue che si sono rivelate molto vantaggiose per l'economia elvetica.

Dal 2000, il popolo accetta tutte le tappe successive degli accordi bilaterali con l'Ue. Nel 2000 più di due terzi dei votanti sostengono il primo pacchetto di accordi che prevede la libera circolazione delle persone. Nel 2005 gli svizzeri dicono sì con il 54,6% agli accordi Schengen/Dublino e con il 56% all'estensione della libera circolazione ai dieci nuovi paesi membri dell'Ue. Nel 2009 la stessa estensione a Bulgaria e Romania passa con il 59% di voti favorevoli.

«La crisi finanziaria, economica e politica nell'Ue dopo il 2008 ha raffreddato il sentimento eurofilo degli svizzeri. Ma una maggioranza resta comunque favorevole alla via bilaterale», ricorda Lutz. L'accettazione dell'iniziativa dell'UDC contro l'immigrazione di massa il 9 febbraio 2014, è secondo il politologo un incidente di percorso. Gli svizzeri hanno voluto limitare l'immigrazione credendo che questo non avrebbe avuto alcun impatto sulla libera circolazione delle persone.

In seguito a questo voto, il Consiglio federale ha dovuto trovare una soluzione pragmatica per non rescindere gli accordi bilaterali I. L'applicazione attraverso una "preferenza indigena" elude senza dirlo la contraddizione tra la Costituzione e la libera circolazione con l'Ue.

Il politologo dà invece poche chance alla nuova iniziativa che l'UDC lancerà nel 2018 per una gestione autonoma dell'immigrazione: il testo entra questa volta direttamente in conflitto con il principio della libera circolazione. «Se si spiega chiaramente il prezzo di una rescissione degli accordi con l'Europa, i cittadini si renderanno conto della posta in gioco, come attualmente i britannici», indica il professore.

Le relazioni bilaterali mostrano segni di affanno in quanto gli accordi settoriali (banche, elettricità) sono bloccati per la mancanza di un quadro istituzionale che coordini il tutto. Le discussioni su questo dossier potrebbero durare un certo tempo, secondo il ricercatore. L'Unione europea, in piena negoziazione sulla Brexit, non ha alcun interesse ad accelerare. Il dossier britannico è evidentemente prioritario rispetto a quello elvetico.

In Svizzera i settori interessati vogliono aumentare la pressione sul Consiglio federale. Ma il responsabile del Dipartimento degli affari esteri, Ignazio Cassis, dovrà confrontarsi con la destra riguardo all'applicazione automatica del diritto europeo.

 

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COMMENTI
 

Cleofe 7 anni fa su tio
25 anni fa, luce fu !

Danny50 7 anni fa su tio
E le catastrofi annunciate non sono avvenute.

Mag 7 anni fa su tio
Risposta a Danny50
Esatto!

moma 7 anni fa su tio
Risposta a Danny50
Mi ricordo benissimo i comizi in TV dove certi importanti politici sentenziavano la fine della Svizzera se ci fosse stato il no UE. La TSI dovrebbe rimandarli in onda. Ci sarebbe da divertirsi.

Mag 7 anni fa su tio
Leggo questa frase: «Se si spiega chiaramente il prezzo di una rescissione degli accordi con l'Europa, i cittadini si renderanno conto della posta in gioco, come attualmente i britannici». Voglio far mettere l'attenzione al lettore sul fatto che la Svizzera non può "rescindersi" dall'UE in quanto non fa parte dell'UE. Quindi l'esempio fatto utilizzando la Brexit è strumentale oppure denota preoccupante ignoranza. Inoltre la Brexit è la scissione della Gran Bretagna dall'UE e non dall'Europa: primo perché la Gran Bretagna è un isola dell'Europa quindi è già separata dall'Europa; secondo perché Europa è una parola che viene definita come continente geografico di nome Europa e un Continente lo rescinde solo con un terremoto di magnitudo 20 sulla scala Richter.

Danny50 7 anni fa su tio
Risposta a Mag
E le catastrofi annunciate non sono avvenute dal 1992. Quanto ai britannici finalmente, grazie alla brexit che ha fatto uscire la vera natura dell’UE, si rendono conto che erano sotto tutela, per leggi, autonomia, sovranità. In più realizzano i miliardi che hanno versato e che hanno permesso ai paesi dell’est di inviare i loro disoccupati in UK e attirare le aziende UK nell’europa dell’est perdendo posti di lavoro a favore di questi paesi da dumping. Oltre il danno la beffa.
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