Cambiare uniforme al termine della scuola reclute sarà un po' più difficile. Ma la Sinistra non ci sta.
Il popolo avrà con ogni probabilità l'ultima parola, visto che è già stato annunciato il lancio di un referendum
BERNA - Ai soldati che dopo la scuola reclute chiedono di passare al servizio civile (33% delle ammissioni) deve venir imposto un periodo di attesa di dodici mesi. Il Consiglio nazionale si è allineato oggi - con 104 voti contro 86 e 4 astensioni - agli Stati su quest'ultimo punto della legge federale sul servizio civile. Il dossier è quindi pronto per il voto finale. Ma probabilmente l'ultima parola spetterà al popolo, poiché ambienti di sinistra hanno già annunciato il lancio di un referendum.
Tale periodo d'attesa, proposto dal governo e approvato dalla Camera dei cantoni in prima lettura, era stato bocciato in un primo tempo dal Nazionale. La commissione preparatoria ha in seguito cambiato idea e si è detta convinta che tale misura consenta di evitare più efficacemente i passaggi al servizio civile, «poiché in tal modo l'esercito ottiene la possibilità di condurre colloqui personali», ha spiegato Jean-Luc Addor (UDC/VS).
Secondo la maggioranza borghese, inoltre, spesso i soldati che passano al servizio civile una volta conclusa la scuola reclute lo fanno in relazione alla loro carriera professionale o per praticità. Il servizio civile è però stato istituito per chi non può prestare servizio militare per motivi di coscienza. Con il periodo d'attesa, inoltre, si potranno garantire gli effettivi dell'esercito, è stato sottolineato da vari oratori tra cui il consigliere nazionale Rocco Cattaneo (PLR/TI).
Di parere opposto la minoranza della Camera del popolo, composta da socialisti, Verdi e Verdi liberali: ricordando come il servizio civile offra un prezioso contributo alla società, come si è visto anche durante la crisi del coronavirus, diversi parlamentari hanno sostenuto che sarebbe più sensato rendere più attrattivo il servizio militare, piuttosto che ostacolare l'accesso a quello civile. Invano, il consigliere nazionale Pierre-Alain Fridez (PS/JU) ha tentato di convincere il plenum a ritornare sui suoi passi.
Quella sul periodo d'attesa era l'unica divergenza che ancora rimaneva tra i due rami del Parlamento. Tutti gli altri punti della riforma erano infatti già stati adottati. Tra questi figura l'aumento a 150 del minimo di giorni di servizio da prestare e l'applicazione pure a sottufficiali e ufficiali del fattore 1,5 (vanno svolti una volta e mezzo i giorni di servizio militare). Il loro scopo è quello di rendere più difficile il trasferimento dall'esercito al servizio civile.
Secondo Fridez, tale misura è più brutale rispetto alla quella dei dodici mesi approvata oggi dal Nazionale. Come detto, sulla riforma pende la minaccia di un referendum. Verdi, socialisti e Verdi liberali hanno già annunciato che sosterranno la raccolta di firme, in caso di accettazione definitiva della legge nelle votazioni finali.