C'è chi chiede regole più severe e chi invita a non farsi prendere dalla frenesia. Non mancano le critiche ai dirigenti di CS
BERNA - È in corso al Consiglio degli Stati il dibattito sulla concessione da parte della Confederazione delle garanzie finanziarie, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Se molti "senatori" hanno lodato le autorità per aver agito a tempo di record, non sono mancate le critiche a CS, e in particolare ai suoi dirigenti. Molte questioni rimangono inoltre aperte, in particolare sulle norme "too big to fail".
In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. «Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'».
Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua Olivier Français (PLR/VD).
Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. «Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS». La Consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto Benedikt Würth (Centro/SG).
Adèle Thorens (Verdi/VS) ha da parte sua evocato la lunga lista degli scandali che hanno coinvolto il Credit Suisse. Per l'ecologista, «quello che deve sorprendere non è la crisi del CS ma il fatto che c'erano ancora persone disposte a concedere fiducia a una banca dove l'incompetenza e l'assenza di scrupoli erano all'ordine del giorno». In questo contesto il sostegno della Confederazione è una aberrazione morale e un distorsione del liberalismo.
Alcuni "senatori" si sono poi detti preoccupati dalla dimensione della nuova UBS. Per Hansjörg Knecht (UDC/AG) ciò rappresenta un enorme rischio per la Svizzera.
Poco margine di manovra
Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice commissionale Gapany ha spiegato che qualsiasi decisione prenderà, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate.
Il Consiglio federale, dopo aver avuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni «giuridicamente vincolanti», ha ricordato la relatrice della CdF. Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche.
A tal proposito, la CdF propone che la Segreteria generale del Dipartimento delle finanze esamini «in maniera approfondita le possibilità di azioni in materia di responsabilità contro le istanze dirigenti di Credit Suisse». Inoltre, la commissione vorrebbe che eventuali garanzie supplementari non possano essere concesse tramite procedura urgente.
Più in generale, la "non scelta" lasciata al Parlamento è stata fortemente criticata da Hansjörg Knecht (UDC/AG). «Non è accettabile che Consiglio nazionale e degli Stati possano solo approvare i crediti; in futuro il Parlamento dovrà avere maggiore voce in capitolo», ha sostenuto.
Ciò passa per la modifica delle disposizioni "too big to fail", hanno affermato vari oratori. Non c'è però unanimità sulla velocità con la quale adottare le riforme. Per la sinistra e l'UDC vanno fatte rapidamente: «Il Consiglio federale deve fare una prima analisi entro l'estate», ha sostenuto Jakob Stark (UDC/TG). Secondo Adèle Thorens è chiaro che le misure prese dopo il dissesto di UBS nel 2008 sono risultate alla luce dei fatti «chiaramente insufficienti».
«Bisogna mantenere il sangue freddo», ha replicato Olivier Français. Per Thomas Hefti (PLR/GL) non si deve cadere in una frenesia legislativa: «La colpa della crisi non è dei politici, ma del CS», ha sottolineato. Da parte sua, Benedikt Würth si è chiesto quale margine di manovra abbia la Svizzera, dato che le regolamentazioni del settore bancario dipendono anche dalle disposizioni prese a livello internazionale.
259 miliardi
Concretamente, oggi gli Stati - e poi il Nazionale - sono chiamati ad esprimersi su due crediti. Il primo riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati).
L'altro credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS sarebbero superiori a 5 miliardi.
Da notare che a questi due crediti vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione.
In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.
Le discussioni proseguono. Secondo l'ordine del giorno, gli Stati dovrebbero concludere la prima lettura del decreto federale entro le 15.00. In seguito - dalle 17.15 con seduta "open end" - si riunirà il Consiglio nazionale.
I Verdi pongono delle condizioni, l'UDC boccia
PS e Verdi approveranno la garanzie finanziarie di 109 miliardi di franchi per il salvataggio del Credit Suisse solo a determinate condizioni. Secondo i Verdi, è indispensabile collegare la garanzia a criteri di sostenibilità. Il gruppo parlamentare UDC invece è intenzionato a bocciarli.
«Se il clima fosse una banca, il Consiglio federale l'avrebbe già salvato da tempo», ha dichiarato il presidente dei Verdi Balthasar Glättli. L'aspetto ambientale è stato «messo in secondo piano» nel salvataggio delle banche. I Verdi quindi approveranno i crediti supplementari solo se legati a obiettivi di sostenibilità. Per il futuro è necessaria una base giuridica che garantisca che i salvataggi statali possano essere effettuati solo a queste condizioni, hanno aggiunto.
Anche il gruppo parlamentare del PS intende approvare le garanzie federali solo a una condizione: il Parlamento dovrebbe esigere una nuova regolamentazione immediatamente, in modo che un caso come quello del CS non possa più verificarsi. «Non siamo disposti a chiudere gli occhi», ha twittato il copresidente del PS Cédric Wermuth.
Il gruppo parlamentare UDC ha deciso invece di votare contro gli impegni finanziari. Il regolamento "too big to fail" adottato a seguito del salvataggio di UBS non ha funzionato. E il Consiglio federale e l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari Finma non hanno fatto il loro lavoro, affermano i democentristi. Ora l'esecutivo deve fare in modo che non ci siano più aziende «troppo grandi per fallire»: un'impresa deve poter fallire «senza trascinare la Svizzera o il mondo intero nel baratro». L'UDC intende quindi presentare due mozioni in questo senso durante l'attuale sessione.