È questo, in sintesi, il risultato dello studio effettuato dal Consorzio reMask
La task force si è occupata di fornire informazioni in merito ai vantaggi (o gli eventuali svantaggi) relativi all'uso del maschere protettive
LUGANO - Ad oggi in Svizzera la mascherina non è imposta. E nemmeno consigliata. Per cercare di risolvere l'enigma (mascherina sì o no) si è messa al lavoro una task force (reMask) che in Svizzera si sta occupando di fornire informazioni proprio sull’utilizzo di questi dispositivi di protezione.
Ne è emerso uno studio recente (riportato oggi dal Caffé), con riferimenti scientifici e raffronti internazionali. La conclusione? «Di fronte alla pandemia di Covid-19, il rischio-beneficio pende a favore dell’utilizzo di una mascherina. Una mascherina da indossare, unitamente al rispetto dell’igiene personale (quindi la costante pulizia delle mani), ovunque non sia possibile mantenere la cosiddetta distanza fisica o sociale».
Il Consorzio reMask cita la letteratura scientifica: «Anche se nessuno studio ha dimostrato che l’igiene delle mani sia stato ridotto dall’uso della mascherina, concentrarsi solo sull’utilizzo delle mascherine potrebbe ridurre l’importanza percepita della pulizia delle mani. Ebbene, l’utilizzo delle mascherine deve quindi essere messo in pratica unitamente alle misure di igiene e alla distanza fisica. Tutto ciò deve essere comunicato come parte di un ‘pacchetto’ ampio e coerente di misure preventive per l’intera comunità».
«La diffusione delle infezioni virali respiratorie - prosegue lo studio - avviene per contatto o attraverso delle goccioline. Nuove prove suggeriscono che la sindrome respiratoria acuta grave coronavirus2, può restare viva e infettiva negli aerosol, in particolare nelle procedure che generano aerosol. L’uso delle maschere facciali è dunque un adeguato dispositivo di protezione individuale per la prevenzione delle infezioni respiratorie e fa parte sia delle misure precauzionali. Chiunque sia a stretto contatto (un metro o due) con una persona che ha sintomi respiratoria (tosse, starnuti) rischia di essere esposto a goccioline potenzialmente infettive. La maschera può proteggere dalle goccioline ma può anche controllare la diffusione di queste ultime. Cioè dal ‘portatore’ alle persone vicine».
Il Consorzio di reMask ha elencato poi i vari tipi di mascherine e il loro ipotizzabile utilizzo. Partendo dalle Ffp, che sono dispositivi di protezione individuale. «Nell’attuale situazione di fornitura limitata devono essere strettamente riservate agli operatori sanitari direttamente esposti agli aerosol».
Ci sono poi le mascherine chirurgiche, sono di tre tipi e solo uno di questi protegge dagli spruzzi. Infine ci sono quelle che reMask definisce mascherine "comunitarie". Sono quelle che possono essere utilizzate dai cittadini in genere per proteggere gli altri dalle proprie emissioni. «Sono in corso studi per stabilire qual è il tessuto, il design migliore, perché non tutti i materiali sono adatti. Per esempio il tessuto è in discussione».
Secondo alcuni test, le semplici mascherine chirurgiche possono ridurre da sei a dieci volte l’esposizione al virus dell’influenza infettiva presenti nei bioaerosol. Stando ad alcuni risultati effettuati, non in laboratorio, attenuano mediamente di circa due volte l’esposizione.