L'avvio della scuola non registra defezioni, anche se le critiche degli insegnanti al Dipartimento non mancano
Fabio Camponovo, presidente del Movimento della Scuola, critica la «testardaggine del DECS nel non voler rendere obbligatoria per allievi e docenti la mascherina» e aggiunge: «Non ho visto uno sforzo particolare per creare nuovi spazi didattici»
LUGANO - Il ritorno, oggi, dei docenti in classe è stato compatto e senza defezioni significative. Non c’è stato, si potrebbe anche dire, nessun contagio da una realtà, come quella italiana, contraddistinta da un elevato numero (si parla di migliaia) di richieste di esonero dalle lezioni da parte degli insegnanti.
«Il clima che ho respirato negli ultimi giorni non era di particolare allarme, così come invece appare, ad esempio, sulla stampa italiana. Ciò detto, è evidente che una preoccupazione possa esserci per chi dovesse soffrire di altre patologie o per le docenti incinte» rileva Fabio Camponovo, presidente del Movimento della Scuola (associazione di insegnanti nata a fine 2004 per battagliare contro le misure di risparmio e che rappresenta una voce critica e attenta alle politiche scolastiche).
Misure a tutela dei più esposti - L'assenza di defezioni è confermata da Giorgio Franchini, capo della Sezione amministrativa del DECS: «Oggi in Ticino i docenti e le docenti erano a scuola pronti per svolgere la loro professione con le norme di protezione messe in atto dai diversi Istituti. Non vi è dunque un fenomeno di assenze legata al covid. D’altro canto le misure di protezione introdotte tutelano anche i docenti che rientrano nelle categorie più esposte».
Tutto bene? - Non proprio. Il fatto che la riapertura della scuola ticinese non registri defezioni importanti, non significa promozione a pieni voti dell’autorità cantonale per i “compiti” svolti (o non svolti) durante l’estate: «Gli aspetti critici sono molti - dice Camponovo - . A iniziare dalla testardaggine del DECS nel non voler dichiarare obbligatoria per allievi e docenti la mascherina per lo meno a partire dalla scuola media. È una misura che avrebbe tranquillizzato anche le famiglie. Si è optato invece per formule un po’ strane, del tipo “là dove non è possibile rispettare un metro e mezzo di distanza”, ossia praticamente in quasi tutte le aule del Cantone… Anche se ogni istituto (e ogni direzione) sicuramente si è mosso per creare le condizioni migliori».
«Non ho visto sforzi per...» - Ma l’utilizzo della mascherina non è il solo problema aperto. «Negli scorsi mesi - continua Camponovo - la posizione del DECS è stata quella di tergiversare, tranquillizzare e certamente anche predisporre delle misure. Ma, a mio personale giudizio, si poteva fare di più» sottolinea il presidente del Movimento della Scuola. «Non ho visto - dice - uno sforzo particolare per creare nuovi spazi didattici. Non ho notato nessuna iniziativa per ovviare alle lacune che i mesi trascorsi hanno sicuramente generato negli studenti». Camponovo non si riferisce tanto a lezioni di recupero estive: «Mi riferisco piuttosto ad aiuti in queste prime settimane dell’anno scolastico. Naturalmente c’è l’indicazione agli insegnanti di prestare particolare attenzione nel primo mese, tuttavia, ben sapendo che il tasso di selezione è stato minimo e che qualche problema ci sarà, in particolare con allievi appartenenti a classi sociali sfavorite, si poteva pensare a un dispositivo di sostegno (con insegnanti e corsi ad hoc). D'altra parte non ho colto nessun approfondimento riflessivo su quale debba essere una scuola in emergenza, quasi che a parte il distanziamento, la dimensione pedagogica possa restare immutata.»
Alzando lo sguardo dal Ticino - Detto di cosa si sarebbe dovuto fare, la scuola con la mascherina “là dove non è possibile” è comunque ripartita e vien da dire tocchiamo ferro: «Non sono tra i pessimisti a oltranza. Fin qui ci è andata abbastanza bene, ma se guardo all'andamento pandemico in Svizzera e nei paesi vicini la preoccupazione esiste» conclude Camponovo.