Dopo il concerto di Natale in San Francesco sono emersi alcuni casi positivi
Il direttore della scuola corale Calicantus spiega perché l’evento si è tenuto, ma anche perché è essenziale proporre delle attività per i giovani
LOCARNO - Qualche voce critica, fuori dal coro, lancia l’acuto per quei contagi emersi nei giorni successivi al "Concerto di Natale" dello scorso 19 dicembre a Locarno. Favoriti, questa la tesi, dal numero dei presenti, circa 700 persone, nella chiesa di San Francesco. Un copioso pubblico (tra cui anche un consigliere di Stato e diversi municipali) accorso per ascoltare i 130 allievi del Coro Calicantus. Con senso di responsabilità, saputo di alcuni casi positivi tra i bambini, è stata la stessa scuola di canto corale ad avvisare con una email i genitori, invitandoli a prestare soprattutto attenzione ai nonni e alle persone fragili.
Pieno rispetto delle regole - Di rimando c’è stato chi, un po’ nella scia dei focolai legati alle settimane bianche, si è chiesto se non era più prudente cancellare l’evento. «Ma come si fa a pensare di togliere ancora qualcosa ai bambini mentre tutto il resto è aperto? Il concerto si poteva fare e si è svolto nel pieno rispetto delle regole federali, emanate il 6 dicembre. Insieme a noi, del resto, anche altre realtà musicali e corali per giovani hanno organizzato concerti nei giorni precedenti» ci dice il maestro Mario Fontana. Al fondatore e direttore del Coro Calicantus preme sottolineare come «dallo scoppio della pandemia abbiamo sempre preso in seria considerazione la questione sanitaria e ci impegniamo contro la propagazione del virus ma mantenendo il focus sui giovani che hanno bisogno di un segnale forte da parte del mondo degli adulti e della Cultura».
Test e controlli - Anche in occasione del concerto natalizio, continua il maestro, tutte le misure imposte dall’autorità sono state rispettate. Certificato Covid, mascherine, controlli all’entrata della chiesa… Di più, aggiunge, «ci siamo accordati anche con una farmacia per offrire al pubblico la possibilità di testarsi il giorno stesso». Nulla è stato improvvisato: «Da fine ottobre abbiamo iniziato a formare un team di una trentina di persone, tutti volontari, che oltre ad occuparsi dei quattro gruppi corali, hanno curato la logistica e la sicurezza».
Una stagione anche benefica - Il concerto di Natale è stato il decimo della stagione per il Coro Calicantus e tra questi merita di essere ricordato quello finalizzato alla raccolta fondi per un orfanatrofio in Nepal. «Se fosse stato così rischioso - sottolinea Fontana - la direzione del Calicantus avrebbe certamente rinunciato all’evento in San Francesco. Nel nostro coro c’è una ragazza con gravi problemi di salute e immunodepressa. Di fronte ad una realtà di questo tipo non prendiamo alla leggera nessuna attività».
I giovani prime vittime - C’è tuttavia una ragione di fondo che spiega perché l’attività continua in pandemia: «La nostra attenzione è focalizzata sui giovani. Sono loro, come ha ricordato ad aprile anche il Consiglio federale, i più colpiti dalla pandemia. Da qui la necessità e l’urgenza di proporre ai ragazzi delle attività e degli obiettivi. Anche il coro Calicantus cerca di combattere la depressione giovanile, offrendo una visione di fiducia verso il futuro e verso il prossimo». Non solo. «Quando una persona canta sviluppa gioia ed energie positive per se stesso e per gli altri. Bisogna certo prestare grande attenzione alla sicurezza, ma mi chiedo se è un segno di rispetto della salute dei giovani annullare tutte le attività e poi lasciarli stipati su bus e treni. I giovani sono il bene più prezioso della società». Lo scorso anno, continua Fontana, abbiamo passato settimane a preparare il piano di protezione per organizzare il campo estivo. «Stavamo per gettare la spugna e invece il risultato è nel video che potete trovare sulle nostre pagine social».
I cori in Svizzera soffrono - Certo la pandemia ha assestato un duro colpo a tutto il settore. «In Svizzera, che è il quarto Paese con più coristi in Europa, abbiamo dei cori che stanno morendo. E molti cantori che hanno paura di tornare a cantare». Qualcuno, conclude il maestro Fontana, «potrebbe reagire con un’alzata di spalle. Ma non dimentichiamo che dietro a un coro c’è tradizione, c’è cultura, aggregazione, ci sono persone che collaborano alla costruzione di musica. C’è, potremmo anche dire, il senso di una comunità».