Le rivendicazioni dei dipendenti dell'OSC di Mendrisio, la cui quotidianità è sempre al limite: «La gente se ne va e non viene sostituita».
MENDRISIO - Forse se ne parla di meno, ma questo non significa che le loro rivendicazioni abbiano meno urgenza e forza.
Fra gli impiegati cantonali che oggi incroceranno le braccia per manifestare ci sono anche i dipendenti dell'Organizzazione Sociopsichiatrica Cantonale (OSC) di Mendrisio: «I numeri esatti in questo momento non li ho, ma da quello che so dovremmo essere fra i 140 e i 150. Una bella percentuale, insomma», racconta a tio.ch Michel Petrocchi, membro della commissione del personale dell'OSC.
Una mobilitazione che, per chi lavora in quel di Casvegno, è l'occasione per sfogare i malumori figli di un'emergenza silenziosa, ma non troppo: «Al momento di organizzare la giornata di oggi, per capire come poter garantire il servizio minimo all'interno dell'OSC, ci siamo resi conto... di essere già al minimo. Non ci nascondiamo dietro a un dito, manca personale. Medici, psicologi, infermieri, assistenti di cura se ne vanno, e non ritornano più».
Al Cantone viene quindi fortemente rinfacciata la decisione di non sostituire il 20% del personale partente, soprattutto in un settore - come quello sociopsichiatrico - in cui il logoramento è all'ordine del giorno: «Ci troviamo in una situazione in cui tutti sono sempre più sotto pressione, ne risente l'utenza ma anche il personale che mette a rischio concreto la propria salute. Da noi un impiego al 100% negli anni è diventato gradualmente al 110% fino anche al 140%».
Un tempo faro per chi lavorava nel sociale, stando a Petrocchi, l'OSC di Mendrisio ormai non è più una meta così attrattiva: «Le prospettive sulla pensione e il non-adeguamento dei salari al carovita di certo non aiutano. I medici, oggi, preferiscono trasferirsi Oltralpe. Gli psicologi, gli assistenti di cura e gli infermieri nel settore privato... E si finisce per ricorrere alla manodopera “d'importazione” con tutte le problematiche collegate. Insomma, è un cane che si morde la coda».
E anche il lavoro, con gli anni, non è diventato più semplice, anzi: «Noi accogliamo la parte fragile della società, quindi quando il contesto socio-economico inizia a traballare e le persone non ce la fanno, finiscono qui. Sono sempre di più, e con situazioni sempre più complesse. E noi dobbiamo occuparci di loro in situazioni non ottimali, per dirla in maniera eufemistica. La nostra direzione, va detto, fa i salti mortali ma di miracoli non se ne possono fare», aggiunge Petrocchi.
A deludere le attese, è invece lo Stato: «I segnali che ci arrivano dalla politica sono di una leggerezza impressionante rispetto ai bisogni reali che ci sarebbero. Mi chiedo se queste persone si rendano davvero conto di quello che decidono, li inviterei a fare uno stage qui da noi. Per capire cosa c'è davvero sul territorio».