È quanto sostiene la difesa nel processo per il contagio da epatite C verificatosi nel 2013: «Nessuna carenza organizzativa»
BELLINZONA - Carenza organizzativa all’interno dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC)? Non ci sta l’avvocato difensore Mario Molo, che sottolinea come non ci sia un obbligo di identificare gli operatori che effettuano la posa di una via venosa. Non lo prevede la legge sanitaria. Tantomeno la norma ISO che certifica il servizio di radiologia dell’Ospedale Civico di Lugano, dove il 19 dicembre 2013 si verificò il contagio da epatite C al centro del processo in corso in pretura penale. Da qui la richiesta del legale di prosciogliere l’EOC da ogni imputazione.
«La posa della via venosa - ha affermato Molo - è un’operazione di routine che soltanto nell’Ente ospedaliero cantonale viene effettuata circa 200’000 volte all’anno». E in nessun ospedale elvetico, ha sottolineato, vengono protocollate le generalità dell’operatore che se ne occupa. «Nemmeno in altri reparti di radiologia svizzeri certificati ISO».
Molo ha poi ricordato che successivamente ai fatti è stata effettuata un’indagine approfondita dal medico cantonale. «E non è stata emanata alcuna direttiva per cui tutti gli operatori che intervengono nelle cure di un paziente debbano essere identificati nella cartella clinica». La difesa ha inoltre ribadito che tutti i pazienti infettati dal virus di epatite C «sono guariti, senza conseguenze». E che lo stesso Ente aveva segnalato al medico cantonale quanto avvenuto quel 19 dicembre del 2013.
Lo ha detto anche il direttore generale Giorgio Pellanda, che ha preso l’ultima parola: «Sin dall’inizio l’EOC ha riconosciuto l’errore commesso e ha offerto ai pazienti assistenza medica e psicologica». E ha aggiunto: «La sentenza di prima istanza avrebbe costituito una svolta preoccupante per l’intero sistema sanitario nazionale, di fatto avrebbe esteso massicciamente la quantità e il tipo di informazione da registrare nella cartella. Non aumentando la sicurezza del paziente».
La richiesta dell’accusa - L’accusa, rappresentata dal procuratore pubblico Moreno Capella, aveva chiesto la condanna dell’EOC a una multa di 100’000 franchi per lesioni colpose gravi. Nella sua requisitoria aveva parlato di «carenza organizzativa» all’interno della struttura che non ha permesso di identificare l’operatore sanitario che all’epoca effettuò la manipolazione.
La decisione del giudice Siro Quadri sarà comunicata entro due settimane.