Secondo la difesa la 29enne ha una totale incapacità di discernimento, ed è quindi in gran parte non imputabile.
«Gli elementi oggettivi indicano che non c'è stata premeditazione, ma irrazionalità».
LUGANO - «Non sa distinguere la realtà dalla fantasia», l'accoltellatrice della Manor. Lo sostiene oggi, al Tribunale federale di Bellinzona, la difesa, che per la 29enne chiede quindi otto anni di detenzione, idealmente da scontare presso il carcere femminile Hindelbank di Berna, contro i 14 proposti dall'accusa.
Secondo gli avvocati Daniele Iuliucci e Simone Creazzo, la donna è da ritenersi non imputabile per il sostegno a gruppi terroristici e solo in parte per il doppio accoltellamento, in quanto totalmente incapace di discernimento a causa delle sue gravi turbe psichiche. «Quello commesso è il gesto di una pazza, non di una jihadista».
Per la difesa la giovane è inoltre da ritenere colpevole di tentato omicidio intenzionale ripetuto, e non di assassinio. Questo, «perché gli elementi oggettivi indicano che non c'è stata premeditazione, ma irrazionalità».
«È schizofrenia» - «L'esame della realtà della 29enne è completamente compromesso», sottolinea l'avvocato Simone Creazzo, citando parte della perizia del dottor Calanchini. «Ne consegue, per la difesa, che ci troviamo di fronte a una schizofrenia paranoide». Quest'ultima, viene evidenziato, era già stata diagnostica dal precedente psichiatra della Signora, e va oltre, in termini di gravità, quanto detto dal perito.
Alta scemata imputabilità - La schizofrenia «comporta una totale incapacità di discernimento e non porterebbe a una media scemata imputabilità, come sostenuto da Calanchini, ma alta».
Per essere punibile di sostegno a gruppi terroristici l'articolo 2 del codice penale prevede invece che una persona agisca con consapevolezza, spiega Creazzo, aspettandosi che le sue azioni vadano a beneficio di queste organizzazioni. «Si tratta di un reato intellettuale che la 29enne, con le sua scarsa capacità di discernimento, non può concretamente commettere».
Le testimonianze - «Più di un testimone riferisce come l'imputata, quel giorno, sembrasse in preda a un raptus o avesse dei problemi mentali», sottolinea poi l'avvocato Daniele Iuliucci. «Nessuno di loro riferisce invece di aver sentito la 29enne urlare "Allahu Akbar", come afferma invece lei».
«Un riscatto a una vita triste» - Il movente terroristico non è inoltre, per la difesa, credibile. L'attacco sarebbe infatti stato più che altro «un riscatto ipercompensatorio a una vita triste, caratterizzata da solitudine e bullismo». Per la difesa l'idea che la cessata assunzione dei farmaci non abbia avuto un'influenza sulla violenza perpetrata dalla 29enne, come ritenuto dal perito psichiatrico Carlo Calanchini, sarebbe inoltre poco credibile.
Un passato oscuro - I precedenti tanto discussi e ricollegati al terrorismo, ovvero il viaggio verso la Siria effettuato nel 2017, sono finiti in archiviazione, evidenzia infine la difesa. «Questo perché già allora gli incarti riconducevano a un delirio psichico, tanto che si è deciso per un ricovero coatto».