Un decennio fa la "resa" delle Camicie rosse a Bangkok. Il ricordo e le immagini di quel giorno
Gli scontri nella primavera del 2010 nella capitale thailandese provocarono oltre 90 morti e più di 2'000 feriti.
BANGKOK - Il 19 maggio del 2010 la tensione raggiunse il culmine nella città di Bangkok. La protesta infuriava da mesi nelle strade della capitale thailandese, che alla fine di quella primavera conterà oltre 90 morti (per la maggioranza civili) e più di 2’000 feriti. Le Camicie rosse del Fronte Unito da una parte e le forze militari governative dall’altra.
A fare da sfondo a quella stagione fu l’esecutivo guidato dal controverso Abhisit Vejjajiva, accusato di aver preso il potere senza elezioni, spalleggiato dalle alte gerarchie militari del Paese. Le prime dimostrazioni presero il via già nel 2009, ma l’escalation di violenza si accentuò a partire dal mese di marzo dell’anno successivo, quando i dialoghi fra le due fazioni giunsero a un punto morto.
All’inizio di aprile i manifestanti occuparono il nucleo commerciale della capitale. Il 7 aprile successivo venne dichiarato lo stato di emergenza. Da quel momento tre sono le date che resteranno indelebilmente cerchiate in rosso sui calendari. Il 10 aprile, segnato dal fallito tentativo delle forze militari di disperdere i manifestanti con la forza. Il bilancio fu di 25 morti e oltre 800 feriti. Il 13 maggio, giorno in cui l’ex ufficiale Seh Deang fu colpito a morte da un proiettile, probabilmente sparato da un cecchino, mentre rilasciava un’intervista al New York Times. E infine, la data di cui ricorre oggi il decennale.
Quella mattina, le forze militari thailandesi passarono all’azione con i mezzi blindati, aprendosi un varco tra le barricate erette nel centro cittadino dalle Camicie rosse. Le proteste furono così spente, tra il fumo degli incendi, il sibilo dei proiettili e il sangue, decretando la “resa” dei manifestanti.