Le ex-guardie del gruppo paramilitare Blackwater erano state condannate per il massacro di 14 civili a Baghdad
WASHINGTON D.C. - Colpi di arma automatica, lanciagranate e spari di cecchino sulla folla di una trafficata Piazza Nisour a Baghdad. La ricetta perfetta per una strage: a terra, in quel 16 settembre del 2007, rimangono 17 civili, 2 dei quali erano bambini. Una ventina, invece, i feriti.
Per questo le quattro guardie del gruppo Blackwater, una delle tante aziende private che appoggia gli sforzi bellici dell'esercito Usa, erano state ritenute colpevoli di omicidio, intenzionale e colposo, plurimo e condannati dai 30 anni di carcere all'ergastolo. La pena più grave, al soldato che aveva aperto il fuoco, scatenando l'inferno.
Di oggi la notizia del perdono presidenziale di Trump, non il primo concesso a personale militare (o paramilitare) impiegato nelle missioni all'estero.
Secondo i simpatizzanti delle forze armate - e diversi gruppi di estrema destra - il quartetto era stato puniti eccessivamente e la sua unica colpa era stata quella di rispondere, dopo un'imboscata da parte di ribelli iracheni in una zona di guerra.
Una tesi che non è mai stata confermata, nemmeno dalle autorità USA nell'indagine ufficiale: «Nessuna delle vittime faceva parte di alcun gruppo ribelle, né ostile al convoglio», conferma il rapporto conclusivo che ribadisce come almeno 14 di queste non potevano rappresentare alcun tipo di minaccia.
I 4 di Blackwater, lo ricordiamo, erano impegnati in una missione di scorta di un convoglio diplomatico nella capitale. In seguito all'incidente, la concessione per lavorare in Iraq dell'azienda era stata revocata.