La mappa delle zone a traffico limitato è sempre più ampia, con Milano prima in Europa
Ecco come viene gestito l'accesso motorizzato nelle principali metropoli
MILANO - In principio fu l’Antica Roma dove Giulio Cesare stanco del caos generato dagli ingorghi nelle strette strade della città eterna, vietò dall’alba al tramonto a carri e cavalli di circolare nell’urbe. Di certo il grande condottiero non poteva sapere di avere ideato il concetto di Ztl.
No vignetta no centro - Le Zone a traffico limitato sono diventate una vera e propria necessità introdotta da diversi anni nelle metropoli di tutta Europa per limitare l’inquinamento dei centri cittadini da una parte e preservare l’integrità dei centri storici dall’altra. Nelle Ztl la circolazione è autorizzata solo ad alcuni veicoli o persone: mezzi pubblici, taxi, residenti, chi ha una disabilità, servizi di emergenza e chi effettua consegne. Per attraversare queste zone in automobile, a volte occorre munirsi di un contrassegno o di una vignetta. Senza si rischia una multa.
Molti residenti senz'auto - Insomma “un colpo al cerchio e uno alla botte” che ha preso rapidamente piede in diverse città tedesche, belghe, francesi ma anche e soprattutto in Italia e in Svizzera. Addirittura la Confederazione eccelle per la presenza di ben 21 quartieri senza auto, dalle grandi città ai paesini montani. Per l’ottimo funzionamento dei mezzi pubblici e la capillarità delle ciclabili, il tasso di motorizzazione è ovunque molto basso: a Zurigo ci sono 327 auto ogni 1000 abitanti, a Berna 259 e a Basilea 248. In genere i residenti dei quartieri senz’auto devono dichiarare di non possedere un’auto o, qualora la possiedano per motivi di lavoro, si impegnano a parcheggiarla fuori dal quartiere.
Milano, prima in Europa - Tornando al focus delle Ztl, Milano è la più grande città d’Europa per zone a traffico limitato: la sua estensione copre il 72 per cento del comune, cioè più di 128 chilometri quadrati. Un primato che il capoluogo della Lombardia ha sottratto lo scorso anno a Barcellona, la cui Ztl, con i suoi 95 km quadrati, resta comunque la più grande dell’Europa meridionale con una superficie pari a venti volte l’area ristretta alla circolazione dei veicoli di Madrid. Nella capitale spagnola la Ztl ha comunque permesso di ridurre - in un solo anno - del 48% i livelli di biossido di azoto, dovuti in gran parte ai mezzi diesel.
Un processo che riprende - Nel 2021 sarebbero dovute entrare in vigore una serie di nuove regole e restrizioni alla circolazione in varie città europee ma la pandemia ha portato molti a rimandare l’introduzione di una zona ambientale o ad abbandonarla del tutto perché i livelli di inquinamento erano migliorati, probabilmente per merito del lockdown. In Francia, tra i paesi dove il processo pare più a rilento, verranno introdotte nuove zone a basse emissioni. Nei Paesi Bassi tutte le zone a basse emissioni esistenti vengono rafforzate contemporaneamente ad Amsterdam e altre dodici città. Idem in Belgio dove il cambiamento più grande avverrà nel 2023, quando l’intera Vallonia, la parte meridionale del Paese, diventerà un’unica zona a basse emissioni. Sulla stessa lunghezza d’onda altri paesi europei con in testa la Danimarca dove non si usano più adesivi sulla tipologia di mezzo, ma vengono lette direttamente le targhe riconoscendo l’anno di prima immatricolazione.
Meno traffico? Significa più affari
Quando furono introdotte, per limitare l’inquinamento, ci fu una grande levata di scudi contro le Zone a traffico limitato. Tra i più grandi oppositori delle Ztl anche i commercianti dei grandi centri cittadini. “Meno auto, meno affari” era la proporzione denunciata. Invece negli ultimi anni c’è stata un’inversione di tendenza. E proprio in pandemia, al di fuori dei lockdown sono i numeri a certificare una riscoperta del commercio proprio nelle Ztl. Secondo Clean Cities Campaign a Madrid la spesa è aumentata dell’8,6% nell’area Ztl; a Londra, i clienti “appiedati” hanno speso di più su base mensile (£215) rispetto ai motorizzati (£206); a Berlino, il 91% della spesa settimanale totale di quest’anno arriva proprio dagli acquirenti che hanno utilizzato la mobilità sostenibile (piedi: 61%, trasporto pubblico: 16,5%, bicicletta: 13,5%).