L'ipotesi di un attacco tattico rimane sul tavolo. Ma nel caso, Mosca farebbe trapelare la notizia o no? Il punto
MOSCA / WASHINGTON - «Non ci sono controlli sopra Putin. Così come ha preso la decisione irresponsabile di invadere l'Ucraina, potrebbe prenderne un'altra. Ma non ci sono segnali per ora che mi facciano pensare che abbia preso una decisione in questo senso». Il tema è, ovviamente, quello dello spauracchio di un attacco nucleare; toccato dal segretario della Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, dalle cui parole possiamo estrapolare un sottinteso piuttosto chiaro: se Mosca decidesse di premere il pulsante, Washington lo saprebbe prima. Ma quanto prima?
È l'ennesimo quesito che può essere aggiunto alla lista delle domande legate alla guerra in Ucraina, che non hanno una risposta chiara - e metteremmo volentieri la firma affinché il "mistero" rimanga tale. Ma andiamo al punto e agli scenari. Come detto, l'intelligence e gli apparati di sorveglianza a stelle e strisce hanno le antenne ben puntate (e accese) sulla Russia. E quest'ultima - stando all'opinione degli esperti di questioni nucleari citati in un'analisi a firma di Paul Handley, corrispondente di AFP - avrebbe con ogni probabilità l'interesse nel far sì che questa intenzione fosse, nel caso, ben manifesta a tutti.
Ma proseguiamo sul filo delle ipotesi, l'unico che abbiamo tra le dita. Gli analisti si sono mostrati concordi in questi mesi nel delineare l'eventualità di un attacco con armi nucleari, da parte di Mosca, su un'estensione tattica e non strategica; quindi su una scala ridotta (questione di cui ci siamo già occupati anche su queste pagine nelle scorse settimane). Concretamente, prosegue l'analisi, l'escalation potrebbe materializzarsi con il lancio di un missile balistico Iskander a corto raggio. Motivo per cui gli "occhi" elettronici non perdono di vista, tra le altre cose, anche l'exclave russa di Kaliningrad, dove sarebbero stoccate anche queste testate.
I preparativi per un attacco - secondo Pavel Podvig, ricercatore "senior" presso l'Istituto di ricerca delle Nazioni Unite sul disarmo - sarebbero evidenti. È altresì vero che, nonostante la sorveglianza accresciuta, pronta a scorgere spostamenti di mezzi e armamenti ed eventuali anomalie, un attacco nucleare tattico può essere condotto, come sottolinea il Corriere della Sera, con maggiore rapidità, «con aerei, cannoni e missili tradizionali». Ma la Russia di Vladimir Putin, che con il suo agire ha de facto aperto una nuova fase dal punto di vista della deterrenza - Stephen Young della Union of Concerned Scientists l'ha definita come "l'era delle potenze nucleari predatrici" -, potrebbe anche voler mostrare i preparativi. E anche Podvig, tornando all'analisi precedente, concorda sul fatto che il Cremlino ci tenga ad alzare il velo sull'eventuale escalation. Ad anticipare la paura.
In pratica una minaccia nella minaccia. Perché in questo particolare momento, la minaccia nucleare - citando il titolo comparso sulla rivista The Atlantic, con qualche giorno d'anticipo rispetto a quando lo "zar" ha pronunciato il suo discorso per l'annessione dei territori occupati in Ucraina - «è tutto ciò che è rimasto a Putin». O perlomeno, osservandolo da questo lato del mondo, così sembra.