Giulia Petralli, co-coordinatrice Giovani verdi
Le armi non sono un prodotto qualunque. Le armi sono progettate per uccidere il maggior numero di persone nel modo più efficiente possibile. Finora, le critiche e le perplessità avanzate nel guardare alla presenza della Svizzera nel controverso settore degli armamenti si sono concentrate sull'ultima parte della filiera, cioè quando le armi sono prodotte e vendute. Si tende spesso a dimenticare che il business della guerra fa male ancora prima che si apra il fuoco, poiché prosciuga risorse e regge un sistema che (si) alimenta (con) le guerre. Nello specifico, un'arma prima di essere prodotta e poi utilizzata, deve trovare il capitale finanziario che ne permetta la realizzazione. Investire nel settore degli armamenti presuppone rendimenti più elevati, più sono elevati i profitti ricavanti dalla vendita di un prodotto creato per uccidere. In altre parola, i soldi investiti in commerci bellici hanno proventi positivamente correlati al numero di guerre e conflitti in corso e futuri, così come al numero di vittime e sfollati che ne conseguono.
Ed è così che, ogni anno, miliardi di franchi svizzeri vengono investiti nell'industria internazionale degli armamenti, ed è in questo scenario che l'iniziativa contro i commerci bellici − su cui voteremo il 29 novembre − si presenta per chiedere semplicemente che il nostro denaro non venga più investito in un business sanguinario, ma orientato verso portafogli etici e sostenibili (altamente redditizi e sicuri sul lungo termine).
L'iniziativa si focalizza essenzialmente sulle scelte d’investimento della Banca nazionale e delle casse pensioni, indicando loro non dove investire, bensì dove non farlo: nei commerci bellici. Nonostante la legge sul materiale bellico (LMB) proibisca già oggi il finanziamento diretto di materiale vietato (armi nucleari, biologiche e chimiche, mine antiuomo e munizioni a grappolo) è possibile, tramite un vuoto legislativo, investire indirettamente in questo settore qualora l'investimento non sia "volto a eludere il divieto del finanziamento diretto" (Art. 8c LMB). Una lacuna che è stata ampiamente sfruttata dalla BNS e da Credit Suisse, responsabili, secondo il rapporto "Don't bank the bomb", di aver ancora recentemente investito miliardi di dollari in armi atomiche. Una scelta finanziaria inconcepibile, scandalosa e contro ogni principio di pace, neutralità e cooperazione Swissmade, che può essere evitata in futuro.