Diego Baratti, Presidente Giovani UDC, Candidato al Municipio di Ponte Capriasca
C’è chi potrebbe storcere il naso vedendo che, in un periodo dove siamo tutti costretti a girare con una mascherina a coprirci bocca e naso, si vada a votare su un’iniziativa per il divieto di dissimulare il viso. A parte il fatto che l’iniziativa stessa prevede delle eccezioni per motivi di salute, c’è però una sostanziale differenza: l’obbligo imposto dallo Stato d'indossare le maschere è limitato nel tempo ed è giustificato da una pandemia e da una politica sanitaria, obbligo che rimarrà chiaramente ancora possibile in futuro anche se l’iniziativa dovesse venire approvata. Invece, la dissimulazione del viso con il velo islamico integrale (come burqa e niqab) non ha alcun motivo di protezione per la società. Al contrario, esso è un chiaro simbolo di oppressione della donna che fa a pugni con l’uguaglianza dei sessi e che impedisce alle donne che lo indossano d'integrarsi nella nostra società. Inoltre, coloro che si coprono il volto per attaccare altre persone senza essere scoperti o per danneggiare la proprietà altrui (estremisti, vandali e teppisti) agiscono addirittura in modo pericoloso, oltre che codardo.
In uno stato democratico come la Svizzera, le persone (uomini e donne che siano) si guardano in faccia quando si parlano, questo perché anche la nostra espressione facciale è un mezzo di comunicazione importante. L’emergenza sanitaria ci ha imposto una parziale copertura del nostro viso, complicando non di poco la nostra vita di tutti i giorni: spesso facciamo fatica a riconoscere i nostri amici e colleghi, a parlare con loro, oppure non riconosciamo se stanno sorridendo o se invece sono arrabbiati, non ne riconosciamo le emozioni. Per questo sono convinto che la maggioranza di noi sarà sollevata al pensiero di lasciare a casa la mascherina una volta che la pandemia sarà alle nostre spalle, sentendoci quasi di aver riacquistato un pezzetto della nostra libertà.
Libertà. Questo è il concetto chiave. In un paese libero come il nostro, nessuno dovrebbe essere costretto a coprirsi il volto (se non appunto per eccezioni mediche e climatiche con durata limitata). Le persone libere mostrano il viso, per comunicare, per ridere, per piangere, per arrabbiarsi, per condividere la gioia o il dolore, e, per farla breve, per vivere. Queste libertà sono invece proibite alle donne che indossano il burqa e il niqab. Spesso queste donne sono obbligate dai loro mariti o dalla loro famiglia a indossare questi indumenti, che alla fine risultano essere quasi delle prigioni di stoffa più che dei vestiti, e che negano alle donne il diritto di vivere come pari nella nostra società, rendono impossibile interpretare i loro gesti e le loro espressioni facciali.
Il divieto di dissimulare il viso non è quindi un codice di abbigliamento, ma libera le donne dall'umiliazione e dall'oppressione, e in certi paesi potrebbe pure essere visto come un simbolo di autodeterminazione della donna. Infatti, in Iran o Arabia Saudita, le donne che scelgono liberamente di togliersi il velo, rischiano addirittura la prigione e spesso pure la tortura. Evidentemente tutte queste cose non hanno nulla a che vedere con la religione, ma è un aspetto culturale. E nella nostra cultura, di uomini e donne liberi, questo tipo di sottomissione non deve venire imposto a nessuno, né tantomeno venir tollerato.