Stefano Dias, co-presidente Verdi Liberali Ticino
Caduto Trump in America, i contrari alla revisione della legge sul CO2 si aggrappano alla Cina, rea di produrre da sola il 30% circa delle emissioni mondiali. E subito scatta il collaudato meccanismo dello scarica barile per giustificare il disimpegno della Svizzera. Atteggiamento moralmente inaccettabile. Inoltre, il nostro Paese ha sottoscritto l’Accordo di Parigi assieme ad altre 190 nazioni e deve onorare questo impegno, come tanti altri lo stanno facendo. Esattamente come per la pandemia, anche per il clima tutti i paesi devono agire in modo corale. Le nazioni che producono meno dell’1% delle emissioni di CO2 sono ben 177, ma tutte assieme producono il 25% delle emissioni. Per raggiungere l’obiettivo indicato dalla comunità scientifica di zero emissioni nette entro il 2050 c’è bisogno del contributo di tutti.
Vanno fatte comunque altre due considerazioni importanti. La Cina è un paese ancora in via di sviluppo, che ha emissioni pro capite nettamente inferiori alle nostre ma che in alcune megalopoli è già anni luce avanti rispetto alla Svizzera, si pensi alle luci LED o ai bus elettrici. In Cina si vendono la metà delle auto elettriche del mondo e l’industria automobilistica cinese sta per invadere il mercato con auto elettriche a basso costo. La Cina si era impegnata a ridurre le emissioni a partire dal 2030, ma nel recente vertice voluto da Biden ha anticipato al 2025 l’inizio della discesa.
Seconda considerazione. La Svizzera non è un paese virtuoso in materia di tutela del clima, tutt’altro. L’obiettivo di riduzione per il 2020 è stato nettamente mancato, il parco veicoli svizzero è quello che emette più CO2 d’Europa, gli svizzeri volano in media da 2 a 3 volte di più rispetto ai cittadini europei e inoltre abbiamo il non invidiabile primato dei riscaldamenti a olio combustibile, molto dannosi per il clima. Non solo, importiamo tantissimi beni prodotti all’estero e le emissioni di CO2 per produrli – pari a due volte le emissioni della Svizzera – vengono attribuite ai paesi produttori, la Cina ad esempio. Di più, non abbiamo centrali a carbone, ma la piazza finanziaria svizzera investe in modo massiccio nell’industria del carbone, del petrolio e del gas. Le emissioni prodotte annualmente da questi investimenti producono ben 1'100 milioni di t. Se sommiamo tutto, la Svizzera si situa al sesto posto tra i grandi inquinatori, dietro il Giappone e davanti alla Germania.
La nuova legge sul CO2 impone anche alla piazza finanziaria dei primi obblighi. La Svizzera pertanto gioca un ruolo tutt’altro che marginale nei cambiamenti climatici in atto e con la nuova legge può dare un contributo significativo alla soluzione di questa crisi planetaria. Pertanto, voterò un convinto SÌ il 13 giugno per la legge sul CO2.