Zeno Casella, Partito Comunista
L’infiammato dibattito relativo alla nuova legge sul CO2 verte principalmente su questo interrogativo: quanto (e a chi) costerà la riforma? Le stime, le previsioni e le cifre si sprecano, contribuendo a complicare ulteriormente la comprensione di una legge già particolarmente complessa, con l’evidente obiettivo di ridurre la contesa a una divisione tra difensori dell’ambiente e negazionisti del cambiamento climatico. Nulla di più lontano dal vero: chi scrive è un convinto sostenitore della necessità di un’ampia e completa transizione ecologica, eppure si oppone a questa legge poiché ne farebbe gravare il peso sulle classi popolari, che tutto possono essere meno che responsabili del riscaldamento climatico.
Cerchiamo dunque di fare chiarezza sul reale costo sociale di questa riforma. Le stime più citate divergono in modo sostanziale: secondo il Consiglio federale per una famiglia media di 4 persone i costi supplementari ammonteranno nel 2030 ad un massimo di 100 franchi, mentre per il comitato borghese contrario alla legge essi ammonteranno invece a circa 1000-1500 franchi all’anno. Difficile stabilire dove si trovi la verità e specialmente trarne un’indicazione sull’impatto reale per le fasce popolari. Potrà stupire, ma a venire in nostro aiuto è una testata insospettabile come la Sonntagszeitung, che nella sua edizione del 2 maggio ha pubblicato i dati aggiornati di uno studio realizzato nel 2019 su mandato dell’associazione di “imprenditori verdi” Swisscleantech. Ebbene, malgrado il settimanale volesse dimostrare che “la legge punisce soprattutto i ricchi inquinatori”, ciò che emerge dall’articolo in questione è un impatto considerevole a danno delle famiglie meno agiate: un nucleo di 4 persone con un reddito modesto che possiede un’automobile a benzina, si riscalda a gasolio ed effettua un volo all’anno arriverebbe a spendere quasi 500 franchi all’anno in più. Non proprio noccioline, specialmente per chi già fa fatica ad arrivare alla fine del mese!
I sostenitori della legge hanno la risposta pronta: basta cambiare abitudini e si potrà perfino trarre beneficio da questa riforma! Si omette però sistematicamente di ricordare che non tutti possono permettersi di farlo: gli inquilini dipendono dalle scelte del proprietario dell’immobile in cui abitano (che potrà facilmente scaricare sugli affitti il maggior costo del gasolio, rinunciando in tal modo alla costosa sostituzione dell’impianto di riscaldamento), gli abitanti delle regioni periferiche non possono rinunciare all’automobile (così come alcune categorie di lavoratori, ad esempio nel settore delle cure o delle consegne a domicilio), mentre i cittadini stranieri che vogliono rendersi nel proprio paese d’origine per visitare i propri parenti devono ancora spesso ricorrere all’aereo. Sono questi forse dei criminali, responsabili del cambiamento climatico? Certo che no, quantomeno non al pari dei finanzieri e dei manager delle multinazionali che deforestano il pianeta e investono nelle energie fossili, i quali escono però indenni da questa riforma.
Occorre infine menzionare un ultimo aspetto, spesso assente nel dibattito su questo tema: il meccanismo di redistribuzione dei proventi delle eco-tasse, che avverrà attraverso la riduzione dei premi di cassa malati, è un sistema inefficace che ha già dimostrato i suoi limiti. Già da una decina d’anni i cittadini ricevono indietro parte dei ricavi dalla tassa sul CO2 (pari a circa 80 franchi per persona all’anno nel 2020), eppure i premi di cassa malati hanno continuato ad aumentare e a incidere negativamente sul reddito disponibile delle famiglie. La redistribuzione dei proventi delle eco-tasse non corrisponde dunque ad un aumento del reddito, ma costituisce invece un mezzo per mascherare l’aumento dei costi della salute provocato dalla privatizzazione del nostro sistema sanitario. A fronte di un aumento tangibile delle tasse sui consumi, i cittadini non si troveranno dunque un importo maggiore nelle proprie tasche, poiché la redistribuzione verrà assorbita dal prevedibile aumento dei premi di cassa malati!
Tutto ciò dimostra come la revisione della legge sul CO2 sia realmente una riforma antisociale, che andrà a gravare in modo considerevole sul bilancio dei redditi medio-bassi, impossibilitati a scegliere modelli di consumo più ecologici ma costretti a pagare il prezzo di una transizione ambientale da cui vengono invece esentati i veri responsabili del riscaldamento climatico. Il prossimo 13 giugno votiamo NO alla legge sul CO2!