Paolo Camillo Minotti
Questo commento non è in primo luogo un commento politico, ma una riflessione umana, sulle vicende della vita. Una riflessione melanconica. La notizia è nota: Nicola Schönenberger (che di formazione è biologo) lascia il Ticino per ragioni professionali, perché è stato nominato direttore del giardino botanico di Ginevra; di conseguenza lascia anche l’impegno politico nei “Verdi del Ticino”, per i quali era rappresentante in Gran Consiglio e nel Consiglio comunale di Lugano ma soprattutto volto noto dei dibattiti politici televisivi. Argomentatore pacato nel tono e buon dialettico, egli lascerà un ricordo e anche una mancanza. Certo nessuno è insostituibile, siamo tutti di passaggio, ma vi è chi recita più o meno bene la sua parte e chi si trattiene per più o meno tempo sul palcoscenico del paese (ma si potrebbe dire grossomodo la stessa cosa del mondo più vasto). Non sempre chi si trattiene di più è anche chi recita meglio.
Non è la prima volta che capita ai Verdi che un leader riconosciuto si ritiri (per i più) inaspettatamente. Era già successo a Sergio Savoia. L’accostamento non piacerà a tutti, in primis forse non piacerà a Schönenberger, per via delle divergenze di tipo politico che vi furono fra i due. Ma i casi sono nella sostanza molto affini, al di là delle differenze caratteriali o ideologiche fra le persone e delle specificità delle due situazioni: entrambi hanno dato (legittimamente) la priorità alla propria carriera professionale rispetto all’impegno politico. Lo si può ben comprendere, ma ai cittadini che credono ancora al concetto dell’impegno ideale resta un retrogusto amarognolo.
Personalmente non sempre abbiamo condiviso le posizioni di Schönenberger, ma abbiamo apprezzato il suo impegno serio, la sua preparazione e la sua capacità di svolgere i discorsi politici focalizzandosi sulle scelte di fondo, sulle “grandi linee”. Condividevo la sua critica allo sviluppo urbanistico disordinato del paese e un certo approccio sui generis a una necessaria svolta e cambiamento di mentalità nel campo della protezione ambientale (vedasi uso dei pesticidi e difesa della biodiversità). Non mi convincevano per contro un certo suo sistematico allineamento a determinate scelte politiche (alleanza rosso-verde) e un certo dogmatismo sulla questione climatica (incluse tasse ecologiche di svariato tipo) o sulla questione della reintroduzione del lupo, che per alcuni ecologisti come lui sono dei “totem”.
Proprio sul tema delle tasse sui carburanti abbiamo visto sabato un “faccia a faccia” televisivo su Teleticino tra lui e Sergio Morisoli nella trasmissione animata da Bazzi e Leoni. Morisoli difendeva la proposta UDC di diminuire temporaneamente le tasse e sovrattasse sui carburanti in considerazione del rialzo repentino dei prezzi degli stessi a seguito della crisi ucraina, al fine di alleviare il carovita che ne consegue e che grava pesantemente soprattutto sul ceto medio e basso, sui piccoli imprenditori e in generale su chi fa già fatica a sbarcare il lunario. Non va dimenticato tra l’altro che l’aumento del prezzo del petrolio e del gas non si ripercuote solo sul costo dell’automobile (e del riscaldamento per molti), ma può avere ripercussioni a catena sul prezzo di innumerevoli prodotti alimentari e industriali, tanto più che va a sommarsi al rincaro di altri prodotti come il grano e i grassi vegetali a seguito della crisi ucraina. D’altronde, queste misure di alleviamento non sono invenzioni svizzere, ma se ne sta discutendo in Francia e in Italia (dove in piccola misura sono anche già state parzialmente adottate). In Francia praticamente quasi l’intero arco politico eccetto i Verdi ne ha accolto il principio, anche se sussistono divergenze importanti
sul “quantum”; Macron e il suo ministro dell’economia Bruno Le Maire si sono affrettati a concedere una piccola riduzione perché sanno benissimo che la corda è tirata e che un rifiuto potrebbe esasperare le fasce particolarmente colpite dal rialzo del prezzo del carburante rianimando il movimento dei “gilets jaunes”.
Su questo tema Schönenberger ha ribattuto sostenendo degli argomenti un po’ formalistici e giuridici, ad esempio dicendo che la diminuzione delle tasse sui carburanti richiede dei cambiamenti di legge e che quest’ultimi – per i tempi lunghi necessari alla loro adozione – non sono lo strumento idoneo a combattere delle impennate speculative sul mercato internazionale degli idrocarburi. Argomenti che possono anche essere plausibili e fondati, ma che non portano alcuna risposta e alcun ristoro ai cittadini messi alle strette da questi repentini rincari e che non possono fare a meno di utilizzare l’auto per andare a lavorare (o che non possono permettersi di sostituire, nonostante i tanto decantati sussidi ecologici – che in sostanza profittano soprattutto ai cittadini benestanti -, il loro riscaldamento a gasolio). Inoltre, l’accenno ai tempi lunghi della politica come pretesto per respingere un allentamento temporaneo di tasse, non è molto commendevole. Schönenberger presenta questo fatto come se fosse un “dato di natura”, ma è precisamente questo che agli occhi di molti cittadini è insopportabile e che fa imbufalire parecchi. La politica dovrebbe darsi una mossa e imparare a velocizzare certi suoi processi decisionali, adattandosi ai veloci cambiamenti del contesto economico e sociale; non è la società, il mondo e la vita che devono adattarsi al ritmo della politica!
Comunque, termino augurando a Nicola Schönenberger un futuro pieno di soddisfazioni professionali e personali.