Giuseppe Cotti, Vicesindaco di Locarno, Capo dicastero Educazione e Istituto per Anziani San Carlo.
La nostra generazione lo ha capito: per costruire un futuro prospero, ci serve una sensibilità ambientale diversa quella del secolo scorso. Siamo tutti d’accordo sull’obiettivo di consegnare ai nostri figli un ambiente sano, riparando nel limite del possibile i danni provocati da decenni di sfruttamento poco attento delle risorse.
Il problema è che oggi su questi temi sta diventando via via più difficile avere una discussione politica sana, priva di ideologia. Se parliamo di biodiversità o di energia, ci scontriamo contro un muro di posizioni radicali, refrattarie a qualsiasi compromesso. Soprattutto a sinistra, oggi domina la scena un approccio moralizzante, che bolla alcuni comportamenti come «cattivi» e affronta la crisi climatica limitandosi a cercare i colpevoli. Chi condanna gli altri, però, non punta a salvare il Pianeta, ma solo a sentirsi superiore a loro.
Il problema è che ragionando così finiamo per dividere il mondo fra i buoni e i cattivi (che solitamente sono sempre gli altri). I desideri e i bisogni delle persone non contano nulla in questa visione del mondo: sono subordinati alla «causa ambientale» e spesso mescolati con altri obiettivi politici che non c’entrano nulla con l’ambiente.
La verità è che l’ambientalismo radicale vuole imporre la strada della cosiddetta «decrescita». Un’ideologia, che con la scusa di salvaguardare l’ambiente vuole riavvolgere il nastro della storia, per riportare l’umanità a una fantomatica «età della purezza». Questo movimento ha identificato nell’essere umano, e nel nostro bisogno naturale di progredire, il più temibile nemico. Come tutti i pensieri totalitari, lo combatte con misure che abbracciano ogni aspetto della nostra vita. Divieti, restrizioni e tasse sono le parole d’ordine, giustificate da un catastrofismo apocalittico. La strada che ci propone è quella verso una società paternalistica, su base ecologica e morale. Per chi non si allinea, c’è sempre pronta la «gogna pubblica 2.0» delle piattaforme sociali.
Come moderati, il nostro compito è di esigere una discussione aperta e priva di pregiudizi: anche sui temi ambientali, vogliamo dare il primato al dialogo e al giudizio responsabile e critico. Quello che vogliamo è un ambientalismo fiducioso, che investa sull’innovazione. Se la Svizzera ha raggiunto i suoi elevatissimi standard di vita, è proprio perché ha puntato sulle tecnologie, sulla ricerca scientifica, sull’innovazione – proprio su quel progresso che l’ecologismo irragionevole vorrebbe cancellare o limitare.
La mobilità sostenibile e i trasporti avranno un ruolo fondamentale: ponti, strade, autostrade, aeroporti, ferrovie, metropolitane, dighe, sono e rimarranno opere indispensabili. La vera sfida consisterà nel realizzarle nel rispetto delle persone e del paesaggio che abitano.
L’altro ambito decisivo sarà quello dell’energia, per la ricerca di risorse e fonti di approvvigionamento veramente sostenibili: il settore idroelettrico e il solare, ovviamente, ma esplorando anche la potenzialità dell’idrogeno e della geotermia. Anche il dibattito sul nucleare dovrà essere affrontato, senza preconcetti – del resto, farà parte del nostro mix energetico ancora per molto tempo.
Il nostro debito verso le prossime generazioni ci impone di essere responsabili, aperti e orientati all’innovazione tecnologica. Dovremo, in poche parole, puntare su tutte le qualità che da sempre hanno assicurato la sopravvivenza e la prosperità delle donne e degli uomini di questo pianeta.