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Eugenio BossiQuale Svizzera vogliamo festeggiare?

01.08.24 - 09:42
Eugenio Bossi, Largario
Eugenio Bossi
Quale Svizzera vogliamo festeggiare?
Eugenio Bossi, Largario

Mi permetto di sottoporre ai cordiali lettori qualche riga di riflessioni in quanto, con mio grande stupore, noto che dei contributi che facciano riferimenti alla nostra festa nazionale latitano… Si vede che non siamo in campagna elettorale.

Sembrerò forse nostalgico e all’antica ma della frase “Non dobbiamo dimenticare da dove veniamo.” non se ne riempiono tutti la bocca?

In occasione del primo agosto, riflettendo su quanto sia forte il mio legame con questa Terra, mi chiedo: A che punto sono con i miei progetti, volti a lasciare questo mondo un po’ migliore di come l’ho trovato? (Domanda per la quale devo ringraziare lo scoutismo). Ebbene per fare qualcosa per questa nostra Nazione un po’ in perdita d’identità, bisogna fare fatica. Fatica che è diventata un taboo ma che chi ci ha preceduto e lasciato il bel Paese che ci troviamo non ha mai schivato.

Ecco quindi il sentimento predominante in me durante la Festa Nazionale: la gratitudine verso quei contadini tenaci, che (anche per necessità, ben inteso), strappavano alle montagne (e alcuni pochi eroici strappano tutt’oggi) fino all’ultimo ciuffo d’erba, creando quel puzzle di prati, boschi, insediamenti e altri manufatti, che è il nostro paesaggio, la nostra attrattiva tanto sbandierata. Gratitudine anche verso quegli ingegneri di una volta, che avevano visioni e hanno progettato opere stratosferiche senza elaboratori elettronici di dati, senza mai peccare di superbia, soppesando sempre il rapporto tra impatto e benefici, essendo più ecologici loro di noi oggi senza ancora aver mai sentito parlare di cambiamento climatico. Gratitudine verso i banchieri di una volta, le cui banche facevano ancora le banche: remunerare i risparmiatori prestando soldi per la costruzione di immobili o per le attività artigianali / industriali; banchieri ed altri imprenditori con uno spiccato senso di comunità, che si facevano vedere alle feste di paese, che erano i primi ad arrivare al lavoro e gli ultimi ad andare a casa, che rispettavano i propri dipendenti. Grandi aziende con grandi dirigenti di cui rimangono solo tracce. Forse sarebbe il caso di sollevare un po’ tutti lo sguardo, scrutare chi è la classe dirigente attuale, e richiamarla ai nostri valori svizzeri. Ci sono ancora molte persone legate fortemente alla propria terra e queste sono quanto di più prezioso abbiamo: queste persone vanno sostenute come singoli e come comunità.

Voilà: quello che mi auguro, per la nostra cara Svizzera, è che trovi la via verso una giustizia sociale (al suo interno!) che tenga conto dei nostri valori più profondi.

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