Kyrgios, crollo mentale e ritorno
«Avevo il braccio pieno di ferite; per questo, per coprirle, usavo la fascia di compressione».
CANBERRA - Adesso è competitivo, temuto, concentrato e determinato. Ma non è sempre stato così. Certo, il talento non gli è mai mancato e lo ha molto “aiutato”, c’è però stato un momento nel quale Nick Kyrgios ha rischiato davvero di perdersi. O anche peggio.
Il punto più basso, l’australiano lo ha toccato quattro anni fa, subito dopo la sconfitta patita a Wimbledon da Rafa Nadal. Non stava bene, non era sereno e il “suo” tennis era diventato un peso. La sua stessa vita era diventata un peso. A raccontare i dolori patiti e i guai passati ci ha pensato proprio il 28enne di Canberra, lo ha fatto negli episodi della serie Break Point che saranno trasmessi in anteprima la prossima settimana.
«Sono arrivato a odiare il tipo di persona che ero diventato - ha ammesso proprio Kyrgios - il 2019 è stato uno dei miei periodi più bui. Ho veramente preso in considerazione l’idea del suicidio. Avevo appena perso a Wimbledon, bevevo, facevo uso di droghe, avevo allontanato tutti i miei amici più cari. Si capiva che stavo soffrendo. Avevo il braccio pieno di ferite; per questo, per coprirle, usavo la fascia di compressione. Non riuscivo a gestire la pressione, non sopportavo di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Una mattina mi sono svegliato e ho trovato mio papà che piangeva seduto sul letto. Quello è stato il campanello d’allarme che mi ha fatto dire “Ok, non posso continuare in questo modo”. Sono così finito in un reparto psichiatrico di una clinica di Londra. Lì ho cominciato a risolvere i miei problemi».