Svizzera sbiadita e confusa
«Se pensi che sia tutta sfortuna di sicuro non affronti il problema».
SAN GALLO - La sconfitta contro la Serbia è stata dura. Abbiamo avuto una buona fase iniziale, è vero, e questo perché, gli avversari ci rispettavano, si percepiva il loro timore. Le Aquile Bianche hanno giocato come contro la Spagna; noi però non siamo riusciti a sfruttare questa loro paura. Non abbiamo letto bene la partita.
La Serbia non ci ha concesso molto spazio e per questo avremmo dovuto muoverci sulle fasce. La Spagna ha avuto gli stessi problemi ma è - infatti - riuscita a trovare soluzioni allargando il gioco. Noi invece abbiamo continuato a provare a sfondare centralmente. Amdouni e Ndoye, per esempio, si sono spesso accentrati invece di cercare l’uno contro uno vicino alla linea laterale. E questo è stato un errore perché ogni volta che Ndoye si muoveva lateralmente riusciva a creare un pericolo. Il nostro piano-partita è insomma stato incoerente.
Il nostro stile di gioco mi ha ricordato molto quello degli Europei, quando cercavamo di confondere gli avversari variando molto. I serbi hanno tuttavia fatto bene i loro compiti: hanno evitato un calcio “classico” puntando piuttosto sul fisico e sui lanci lunghi. In difesa, poi, ci siamo schierati a uomo quasi come fa il Bayer Leverkusen, ma questa tattica non si addiceva a questo avversario.
Il calciatore che più ha sofferto è stato Ndoye, che ha dovuto cambiare posizione tre volte. Capisco che la creatività sia importante nel calcio moderno, ma se ti aspetti una prestazione al 100% dai tuoi ragazzi, il piano deve essere chiaro e strutturato. Dobbiamo fare meglio. E anche muoverci con urgenza.
La Serbia non ha vinto questa partita facendo un capolavoro tattico: non aveva un preciso piano offensivo ma almeno è stata molto disciplinata in difesa. Ciò che, poi, ha permesso ai nostri avversari di imporsi è stata la volontà, la mentalità, il fuoco. Ed è proprio questo fuoco che invece a noi è mancato. È come se avessimo perso lo spirito che ci ha reso forti durante l’Europeo.
Pensavo che dopo le bellezze mostrate in Germania saremmo diventati una squadra più unita, ma non è stato così. Ho la sensazione che non capiamo i nostri errori. È facile dire che dopo una sconfitta sono mancate solo piccole cose, ma se ci si ferma a quello diventa ancora più difficile affrontare i veri problemi. Spero che la posizione presa dai protagonisti della Nati sia solo “mediatica”, mentre internamente la comunicazione sia diversa. Perché se come giocatore credi che sia tutta sfortuna ti accontenti della scusa, e di sicuro non affronti il problema.
Davanti a noi c’è la Danimarca: una partita diversa, una nuova possibilità. Dobbiamo imparare dagli errori commessi contro la Serbia e ripartire, anche se non è facile con così pochi giorni di allenamento. Abbiamo qualità e i giocatori hanno il potenziale: ora tocca allo staff tecnico trovare il giusto piano-partita. E che sia chiaro. Il compito di Yakin è quello di spingere questa squadra nella giusta direzione. Dobbiamo creare qualcosa che sia sostenibile, ma ciò richiede chiarezza, disciplina, spirito combattivo e, soprattutto, il fuoco che finora ci è mancato. E magari segnare al momento giusto non sarebbe male…