Respinta la richiesta di fissare un termine ultimo al 22 marzo. Approvati maggiori aiuti economici
BERNA - Il Parlamento non deve aver alcun diritto di veto su eventuali chiusure totali o parziali decise dal Consiglio federale per arginare la pandemia di coronavirus. Lo ha stabilito oggi il Consiglio nazionale per 151 voti a 53, affrontando la revisione della Legge Covid-19.
Al termine della lunga e combattuta giornata di dibattiti, il plenum ha poi stabilito di non volerne sapere di fissare nella legge una data precisa, ossia il 22 di marzo, per l'apertura di ristoranti e altre strutture per il tempo libero.
Per l'UDC (rimasta solo su questa richiesta dopo la defezione di molti PLR), tutti gli indicatori - infezioni, ricoveri, decessi e il famigerato tasso di riproduzione - sono in calo. Che cosa stiamo aspettiamo? Dobbiamo dare prospettive ai giovani e all'economia, adottando nel contempo le misure protettive che s'impongono.
La sinistra, seppur preoccupata per le chiusure a causa delle ripercussioni economiche e sociali, ha insistito sull'importanza di dare ascolto agli specialisti, senza mettere inutilmente sotto pressione il Consiglio federale. Bisogna anche evitare nuove ondate pandemiche che sfocerebbero in nuove restrizioni. La gestione della crisi da parte dell'esecutivo è già molto più "liberale" rispetto a quanto fatto in altri Stati. Quanto a un diritto di veto su eventuali nuove chiusure, ciò non farebbe che rallentare tutto il processo decisionale, già di per sé lento.
Per il ministro della sanità Alain Berset, il Consiglio federale ha cambiato strategia in febbraio. I vaccini e i test ci hanno consentito i primi allentamenti - come per i negozi, n.d.r - ma bisogna rimanere prudenti. Tale cambiamento non era possibile prima, ha spiegato, perché non c'erano i vaccini e vi era penuria di test, molti dei quali all'inizio non sufficientemente precisi. Adesso la situazione è diversa.
Cantoni virtuosi e quarantene
Nel corso dell'esame del progetto, il plenum ha deciso - anche se con un voto risicato - una proposta dell'UDC che vuole "liberare" dalla quarantena le persone immunizzate. Sarebbero previste eccezioni.
Accolta anche dall'aula una proposta che obbliga l'esecutivo a concedere alleggerimenti a quei Cantoni che registrano una situazione epidemiologica favorevole o stabile e che applicano una strategia di depistaggio o un'altra misura appropriata per gestire la pandemia di Covid-19.
Oltre a ciò, il governo deve anche adoperarsi affinché le persone vaccinate possano ottenere un documento che attesti l'avvenuta immunizzazione e possano quindi viaggiare all'estero senza problemi.
La camera ha tuttavia respinto una proposta che voleva restringere il diritto di esprimersi pubblicamente per i membri della Task Force Covid del Consiglio federale.
Più generosità per lavoratori e imprese
Ma oltre questi aspetti controversi della legge, che hanno visto destra (soprattutto l'UDC) e sinistra su fronti opposti, il plenum è stato oggi di "manica larga" per quanto attiene gli aiuti alle imprese in crisi a causa del pandemia e delle chiusure ordinate dal governo e ai lavoratori (agevolazioni per disoccupati e per il ricorso al lavoro ridotto in particolare).
Una generosità che la destra ha tentato, sovente invano, di edulcorare con un occhio di riguardo alle finanze federali, già sotto pressione. Il ministro delle finanze Ueli Maurer ha accennato a maggiori costi per miliardi di franchi, che si aggiungerebbero al progetto dell'esecutivo (quasi 10 miliardi).
IPG
Circa le indennità per perdita di guadagno previste per le persone che devono interrompere o limitare in modo considerevole l'attività lucrativa a causa di provvedimenti adottati per far fronte all'epidemia, il plenum ha deciso che questa misura si applichi anche a coloro che hanno subito una perdita di guadagno o salariale pari almeno al 20% (diritto vigente: 40%).
Il plenum ha anche stabilito di introdurre una disposizione transitoria in base alla quale i disoccupati che dal 1° gennaio 2021 adempiono i requisiti per poter beneficiare di prestazioni transitorie non esauriscano il diritto all'indennità dell'assicurazione contro la disoccupazione fino all'entrata in vigore della legge federale sulle prestazioni transitorie per i disoccupati anziani (LPDT).
Disoccupati, più indennità
In merito all'assicurazione disoccupazione, il plenum ha sostenuto la proposta del governo di aumentare di 66 giorni il numero massimo di indennità giornaliere e di prolungare la norma applicabile ai redditi modesti in materia di indennità per il lavoro ridotto fino. Una proposta del campo rosso-verde di aumentare a 107 le indennità giornaliere per la disoccupazione è stata respinta.
Oltre a ciò, la Camera ha deciso di stralciare il termine di attesa per il lavoro ridotto. Un'autorizzazione, inoltre, deve valere per 6 mesi. La Confederazione dovrà inoltre accollarsi il 33% dei costi che i Cantoni si sono dovuti sobbarcare dal 17 marzo 2020 al 17 giugno 2020 a causa della chiusura degli asili pubblici.
Nessuna concessione su domeniche
Con voto tirato, 96 a 94 e 4 astenuti, il plenum ha deciso, come gli Stati, di non concedere ai Cantoni la possibilità di tenere aperti i negozi per 12 domeniche all'anno senza aver bisogno di un'autorizzazione particolare.
Un'idea combattuta sia dal campo rosso-verde che dal Centro. Con questa proposta la destra invece intendeva dare fiato a un settore in difficoltà a causa della pandemia.
Aiuti a tutte le imprese in crisi
Sempre nel corso dell'esame particolareggiato della Legge Covid-19, il plenum ha voluto (130 voti a 60) garantire un sostegno a tutte le nuove imprese in difficoltà, stralciando la data di fondazione del 1° ottobre stabilita dal Consiglio degli Stati.
Secondo il consigliere nazionale Fabio Regazzi (Centro/TI), sostenuto dal campo rosso-verde, fissare una data come stabilito dai "senatori" sarebbe discriminatorio. Tutte le aziende in difficoltà devono poter avvantaggiarsi del programma per i "casi di rigore".
La destra avrebbe voluto limitare il numero dei potenziali beneficiari, anche per motivi di carattere finanziario, un leitmotiv più volte evocato in aula dai democentristi allo scopo di evitare un eccessivo indebitamento che, a loto parere, ricadrebbe sulle spalle delle generazioni future.
Aiuti a ditte obbligate a chiudere
Il plenum, per 127 voti a 68, ha anche accolto una proposta Regazzi secondo cui le imprese chiuse per ordine delle autorità o la cui attività è stata fortemente limitata durante la pandemia devono poter ottenere un contributo a fondo perso per un importo pari al massimo al 30% del fatturato medio dello stesso periodo nel 2018 e 2019.
Per il presidente dell'Unione svizzera delle arti e mestieri, anche in questo caso bisogna evitare discriminazioni con le altre aziende, se non altro per istituire una prassi il più possibile omogenea a livello nazionale: i Cantoni applicano infatti criteri diversi per valutare i casi di rigore e vi sono segnali di un irrigidimento per quanto attiene al versamento di aiuti finanziari.
Dopotutto, i proprietari non hanno alcuna colpa se hanno dovuto chiudere l'attività su ordine delle autorità. In molti casi, anche un'attività limitata non è sufficiente per rimanere a galla, ha spiegato il ticinese.
Caso di rigore, -25% fatturato
In merito alla diminuzione del fatturato che darebbe diritto a un sostegno per i "casi di rigore", la maggioranza della camera crede che una diminuzione del 25% - e non del 40% come deciso dal Consiglio degli stati - sia sufficiente per qualificare un caso di rigore.
Il plenum ha seguito invece il Consiglio degli Stati per quanto riguarda il divieto di distribuire dividendi per i tre anni che seguono la concessione degli aiuti, prevedendo tuttavia alcune eccezioni (per es. la distribuzione di dividendi a scopo di finanziamento).
Grandi imprese, più generosità
La Camera del popolo ha anche accolto le modalità di versamento dei contributi alle imprese con ricavi superiori a 5 milioni di franchi stabilite dagli Stati, pur essendo più generosa su due punti, stralciando l'obbligo per i proprietari di fornire prestazioni proprie in caso di contributi superiori a 5 milioni di franchi. In secondo luogo ha deciso che il Consiglio federale potrà aumentare i massimali non appena un'impresa mostrerà un calo del 70% invece che dell'80%.
Per quanto riguarda le modalità di un eventuale rimborso dei contributi, il plenum ha accolto una proposta di minoranza sostenuta dal centro e dal campo rosso-verde che esclude dall'obbligo di rimborso per contributi a fondo perso le società con un fatturato inferiore a 250 milioni di franchi.
Quota parte al 70%
Con una forte maggioranza, il Consiglio nazionale ha poi respinto la decisione dei "senatori" di portare la quota di finanziamento della Confederazione per i casi di rigore dal 70 all'80%.
La decisione del plenum non sorprende più di tanto: la Camera dei Cantoni aveva approvato questo aumento grazie unicamente al voto del suo presidente, Alex Kuprecht (UDC/SZ). L'innalzamento della quota a carico della Confederazione per le imprese con ricavi annuali fino a 5 milioni costerebbe alle casse federali 600 milioni di franchi supplementari