La guerra in Ucraina e la vita militare secondo il capo dell'Esercito svizzero, Thomas Süssli.
E, riguardo agli avanzamenti imposti ancora in uso per quanto concerne i soldati: «Oggi va di moda dire di non voler continuare. Se non sono pronti, li forziamo»
BERNA - Tempo di guerra in Europa. E tempo di bilanci per gli eserciti dei Paesi occidentali. Il capo dell'Esercito svizzero Thomas Süssli ne ha parlato con i colleghi di 20Minuten.
La guerra in Ucraina ha dato un maggiore significato al suo lavoro?
Quando parlo alle truppe, me lo confermano. Sentono un apprezzamento diverso rispetto a prima.
Pensa che il fatto le reclute possano essere costrette a fare avanzamento sia ancora al passo con i tempi?
Sì, cerchiamo il meglio. Se non sono pronti, li forziamo. Adesso è anche un po' di moda dire che non si vuole continuare, ma alla fine ne si è orgogliosi. Non sempre rientra nei piani, ma dobbiamo convincerli.
È felice che, con lo scoppio della guerra in Europa, l'Esercito abbia ritrovato un maggior appoggio da parte di ampie fasce della popolazione?
Sappiamo da tempo che l'Esercito serve. Non si può dire che il conflitto abbia giovato, ma il senso di sicurezza della popolazione è sicuramente cambiato.
In qualità di capo dell'Esercito, trova avvincente seguire l'avanzamento della guerra le tattiche messe in atto dalle parti?
Stiamo seguendo tutto molto da vicino, ma ci sono pochissime informazioni in proposito, e molto unilaterali.
Cosa succederebbe se la Svizzera dovesse subire un attacco missilistico? Esiste uno scenario in cui Putin potrebbe bombardare il nostro Paese?
Partiamo dal presupposto che la Svizzera sia sicura. Lo scenario più pericoloso sarebbe quello in cui la Svizzera viene direttamente coinvolta nel conflitto, ma non ci sono segnali in tal senso.
Per quanto tempo potrebbe resistere la Svizzera se fosse attaccata con la stessa violenza dell'Ucraina?
È una domanda difficile. Dipende dal grado di violenza con cui saremmo attaccati e con quali mezzi. Nel caso della difesa aerea, i nostri 36 aerei da combattimento sarebbero sufficienti solo per quattro settimane. Le forze di terra non possono muoversi senza copertura aerea, quindi alcune settimane sarebbero la risposta corretta, ma la motivazione della milizia durerebbe molto più a lungo. Per una difesa più a lungo termine servirebbero più risorse, sia via terra che via aria.
La conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina che avrà luogo a Lugano aumenta il rischio, per la Svizzera, di subire un attacco? Il dispositivo di sicurezza sarà potenziato?
È una grande sfida per la polizia. L'Esercito è di sostegno, ma è la polizia a essere responsabile dell'operazione e a valutare i potenziali pericoli.
Fino alla fine degli anni '80 sono stati fatti degli sforzi per sviluppare un programma di armi nucleari svizzero. La ripresa di un simile programma è in discussione vista la situazione politica globale?
Ci sono stati progetti come questo durante la Guerra Fredda, ma non è realistico per un Paese piccolo come la Svizzera. L'armamento nucleare è però, purtroppo, una tendenza mondiale, basta guardare alla Cina e alla Corea del Nord. Questo mi preoccupa, come capo dell'Esercito e come cittadino. Un attacco di questo tipo sarebbe fatale, ma abbiamo una buona protezione di base con i rifugi della protezione civile.
L'Ucraina può vincere la guerra contro la Russia?
È troppo presto per dirlo, prevediamo che ci vorranno diversi mesi. La resistenza dell'Esercito e del popolo sarà decisiva. Vediamo che la volontà è molto forte, ma le informazioni che otteniamo sono pesantemente filtrate.