Gli espatriati raccontano di una nazione ostile nei confronti degli stranieri: è così? L'esperienza di Diccon Bewes, autore di bestseller
ZURIGO - Imparare a salutare correttamente, arrivare puntuali agli appuntamenti e non gettare il vetro dopo le 20 del sabato. Sono alcune delle regole fondamentali per integrarsi nella cultura svizzera. Lo sa bene Diccon Bewes, 57 anni di origini britanniche, autore dei bestseller "Swiss Watching" e "How to be Swiss". Vive in Svizzera da quasi 20 anni e da quattro possiede anche il passaporto rosso crociato. In un'intervista alla SonntagsZeitung si è fatto portavoce di come gli stranieri vedono e vivono la cultura elvetica, raccontando perplessità e pregi del nostro Paese, con un pizzico di ironia.
Prima di tutto imparare a salutare - Quando arrivò in Svizzera vent'anni fa, una delle prime differenze che notò rispetto alla Gran Bretagna, è la cultura del salutare. «Per esempio, se arrivi in ritardo a un aperitivo o a una festa, quando ci sono già 20 persone, devi presentarti a tutti individualmente, stabilendo un buon contatto visivo». Ben diverso rispetto all'Inghilterra dove «si dice semplicemente "Hello everyone!"». O ancora: in passeggiata nei paesini o facendo escursioni «quando qualcuno ci viene incontro, nonostante non si conosca affatto, si dice 'Grüezi'. Usanza che esiste anche in ascensore e sull'autobus. A volte - dice - gli stranieri pensano che gli svizzeri siano un po' bizzarri per via cultura del 'Grüezi'».
Molte formalità - Per lui, inoltre, la distinzione linguistica tra "Sie" e "du" rende tutto più complicato, rispetto alla sua lingua nativa, dove il tu coincide con il voi. «Addirittura a Berna, si usa anche l'"Ihr"», commenta. Sul treno, poi, «quando sono seduto da solo in uno scompartimento per quattro persone, mi chiedono se il posto sia libero, prima di sedersi. A volte rispondo: "Non c'è nessuna persona invisibile seduta qui!", per scherzare. Se in Inghilterra facessi la stessa domanda, mi prenderebbero per pazzo».
Non si butta il vetro di domenica - Tra le tante questioni che colpiscono gli stranieri ci sono poi le chiusure domenicali dei negozi e le regole sullo smaltimento del vetro. Una delle prime domeniche in cui si trovava in Svizzera, aveva malauguratamente deciso di portare le bottiglie di vetro al centro di raccolta. Gettò la prima, la seconda, la terza. «A quel punto - racconta - una signora uscì sul suo balcone urlando: "È domenica, non è permesso!"». Aveva infatti ignorato il cartello che lo indicava. «Da allora ho capito: si può salvare il mondo, ma solo dal lunedì al sabato. E solo fino alle 20», ironizza.
Svizzeri lenti e rigidi - Secondo Bewes gli svizzeri però non sono molto spontanei. Se riceve un messaggio da parte di qualcuno in cui gli chiede se oggi ha voglia di andare al cinema, di solito il mittente è un amico straniero. Ma se gli viene chiesto: "Vuoi venire a pranzo il 10 novembre?" ed è luglio, allora quasi certamente è uno svizzero.
Svizzeri scortesi? - Spesso nei sondaggi condotti sulle diverse piattaforme, gli expats si lamentano della freddezza e della scortesia degli svizzeri. Secondo Bewes questo atteggiamento è dovuto al fatto che molti degli stranieri non si sforzino di imparare nemmeno una delle lingue nazionali, dunque «vivono nella loro bolla senza svizzeri. Ma l'integrazione - prosegue - non funziona senza competenze linguistiche». Pur comprendendo la riluttanza degli espatriati - poiché a volte rimangono in Sivzzera solo due o tre anni e sul posto di lavoro parlano inglese -, «se entrano in una panetteria e parlano inglese senza porsi il problema, è semplicemente maleducazione».
Dal cuore tenero - Bewes, anche se scherza sui luoghi comuni degli svizzeri, è un vero fan della Confederazione Elvetica. «Qui quasi tutti rispettano le regole e questo permette al Paese di funzionare bene. Nei negozi quasi nessuno ruba, i treni sono puntuali. È vero, all'apparenza gli svizzeri sembrano un popolo ostile, ma per fare amicizia ci vuole semplicemente tempo e perseveranza». Li paragona poi a un frutto: «Dico sempre che gli svizzeri sono come le noci di cocco: hanno un guscio duro, ma dentro sono meravigliosamente buoni».