Il primo caso alla clinica Hirslanden di Aarau, dove metà del reparto è occupato da pazienti Covid.
Christian Frey, vicecapo dell'unità di cure intensive della clinica: «Se i numeri continuano a salire, lo stesso avverrà con il triage dei pazienti».
AARAU - Lo scenario da incubo di dover scegliere quale paziente curare e quale invece no, quello più volte evocato con preoccupazione dalle autorità sanitarie elvetiche e dalla task force nei numerosi appelli, si è verificato questa settimana tra le pareti della clinica argoviese Hirslanden, ad Aarau.
«La metà dei nostri letti di terapia intensiva sono occupati da pazienti Covid», ha spiegato al Sonntagsblick il dottor Christian Frey, vicecapo dell'unità di cure intensive della clinica. E, ha aggiunto, «sono tutti non vaccinati». Il medico la considera una situazione estremamente problematica, «perché così siamo costretti a mettere in attesa altri pazienti» che hanno bisogno di particolari cure. È il cosiddetto "triage" dei pazienti. E a farne le spese, nei giorni scorsi, è stata una persona malata di cancro, che non ha potuto essere ammessa nel reparto di terapia intensiva e - con il suo consenso - ha dovuto essere ventilata, in modo non invasivo, in un reparto ordinario.
Il triage, un fardello tremendo
«Se i numeri continuano a salire, lo stesso avverrà con il triage dei pazienti», dice Frey. Questa selezione, spiega al domenicale svizzero-tedesco il numero uno del reparto di terapie intensive dell'Ospedale cantonale di San Gallo, il dottor Miodrag Filipovic, avviene sulla base di un semplice criterio, ovvero viene favorito il ricovero dei pazienti che hanno una maggiore possibilità di sopravvivere.
E si tratta di un tremendo fardello, per tutte le persone coinvolte. Dai medici, agli infermieri fino, ovviamente, ai familiari delle persone ricoverate. «Devi occuparti di loro e dei loro cari», sottolinea la direttrice dell'Associazione svizzera del personale infermieristico, Yvonne Ribi. A rendere particolarmente delicata la situazione in questo momento non è però il solo tasso di occupazione dei letti intensivi - più alto rispetto alla seconda ondata, in quanto al momento in Svizzera disponiamo di 860 posti contro i 1'100 dell'autunno 2020 - ma anche un'insufficiente disponibilità di personale specializzato per questo tipo di cure.
Triage per i non vaccinati? «Sarebbe discriminatorio»
Come già detto, la netta maggioranza dei pazienti Covid nei reparti intensivi risulta non vaccinata. Filipovic parla del 90% circa. Questo fattore però non può costituire un criterio di scelta in materia di "triage". «Sarebbe una pratica discriminatoria», spiega l'esperto costituzionalista dell'Università di Zurigo Felix Uhlmann. «L'unico fattore decisivo è dato dalle possibilità di sopravvivenza a breve termine del paziente».