Marco Romano ha preso parte agli incontri bilaterali con la delegazione ucraina. Il bilancio è molto positivo
LUGANO - «Trovo che per la città di Lugano l'evento sia stato un successo». Non ha dubbi Marco Romano tracciando il primo bilancio della Ukraine Recovery Conference che si è conclusa ieri. «La prontezza dimostrata ha smentito i dubbi confermando che eventi del genere possono essere organizzati anche nella Svizzera italiana. Tanto di cappello a tutte le persone in Ticino che ci hanno creduto e che, in collaborazione con Berna, hanno reso possibile la conferenza. Purtroppo c’è sempre qualcuno che storce il naso. Credo però che la miglior risposta a questi spauracchi siano i fatti».
Come valuta i sette principi della Dichiarazione di Lugano?
«Sono molto soddisfatto, era necessario iniziare da una dichiarazione dei principi. L'obiettivo principale che oggi tutti abbiamo nel cuore è la fine del conflitto armato. Ma è chiaro che bisogna anticipare la strategia di ricostruzione. L’urgenza di questi principi è dettata dal fatto che stiamo parlando di uno stato democratico occidentale, in cui deve tornare un livello di qualità di vita precedente alla guerra, se non migliore».
Secondo lei non era più corretto aspettare la fine del conflitto prima di parlare di ricostruzione?
«È giusto partire il prima possibile e credo che questi sette principi, sottoscritti da 40 paesi con una ventina di organizzazioni non governative, siano una buona premessa. Sarà uno sforzo di tutta la comunità europea, non solo degli stati membri dell’Ue. Trovo molto significativo che la prossima conferenza si terrà nel Regno Unito, un altro stato non membro. Questa è la conferma che c'è in gioco la difesa dei valori europei in senso esteso».
Chi cerca di giustificare la posizione russa, cita spesso il principio di neutralità per criticare l'atteggiamento svizzero?
«Ho comprensione per chi ancora difende e cerca di legittimare la posizione russa. Per contro, non ho nessun rispetto per l'atteggiamento aggressivo della Russia. Non si può permettere che nel 2022 un stato occidentale violi ogni briciolo di diritto internazionale. La situazione va condannata e il comportamento della Svizzera è pienamente rispettoso del principio di neutralità. Essere neutrali non significa essere indifferenti. Questi due giorni l'hanno dimostrato: la Svizzera è stata estremamente neutrale durante la conferenza. Abbiamo messo a disposizione una piattaforma di dialogo. Questi sono i “buoni uffici”».
Gli obiettivi prefissati comprendevano la pianificazione di un “piano Marshall”, qualcuno ha criticato la mancata concretizzazione di questo obiettivo. Cosa risponde?
«Ogni piano inizia con dei principi, in seguito si sviluppa una strategia e infine un piano d’azione. Oggi abbiamo dei principi e soprattutto la volontà degli Stati d'intervenire direttamente. Inoltre abbiamo imposto delle condizioni chiare all’Ucraina. Le dinamiche della ricostruzione non andranno a beneficio solo di determinate regioni, ma comprenderanno tutto il paese. La democratizzazione accompagnerà il processo di ricostruzione, quindi un rafforzamento dello stato dei diritti e la lotta alla corruzione. Sono premesse essenziali per poi sviluppare una strategia e un piano di azione. Le prossime conferenze e l’andamento del conflitto valuteranno l’efficacia di quanto iniziato a Lugano».
A margine della Conferenza la delegazione svizzera ha condotto vari incontri bilaterali con la delegazione ucraina, come si sono svolte le discussioni?
«Ci siamo confrontati con cittadini che vivono nel nostro continente e che mettono ogni energia possibile nella sopravvivenza della loro nazione, ma non sanno se tra alcuni mesi ci sarà ancora qualcosa da difendere. Personalmente mi vengono i brividi. In Svizzera diamo forse per scontato il funzionamento del nostro Stato e la cultura politica che abbiamo conquistato. A pochi migliaia di chilometri di distanza, il rispetto dei principi essenziali della democrazia sono ancora punti di domanda. Gli incontri che abbiamo avuto con la dozzina di parlamentari ucraini sono stati molto concreti. Sono state discusse varie tematiche, in particolare la decentralizzazione, la digitalizzazione e la gestione dei migranti».