Dopo il Nazionale anche gli Stati hanno approvato la mozione di Fabio Regazzi per un ritorno dei distillati fatti in casa.
BERNA - Una pratica tipica per molti ticinesi, quella del grappino autoprodotto, potrà - verosimilmente - tornare alla luce del sole.
Lo ha confermato il Consiglio di Stato, che dopo il Consiglio Nazionale, ha accolto a larga maggioranza (42 favorevoli e 2 astenuti) la mozione portata avanti a Palazzo Federale dal ticinese Fabio Regazzi. Il Consiglio Federale, lo ricordiamo, aveva raccomando di respingerla.
La sua proposta - dal nome volutamente forte “Stop all'eutanasia attiva delle distillerie domestiche e delle relative tradizioni rurali” - ha voluto fare, per così dire, “pezza”, al divieto della distillazione casalinga nato de iure con l'entrata in vigore della nuova Legge sulle bevande alcoliche.
«Non è una cosa che si fa solo in Ticino e nei Grigioni, anche se è vero che da noi è tipica e particolare», aveva spiegato Regazzi, «ma in tutta la Svizzera ci sono migliaia di proprietari di piccoli vigneti o alberi da frutto che ogni anno distillano qualche litro di liquore o di spirito, con le proprie attrezzature».
Numeri alla mano si stimano circa 10mila produttori privati solo in Ticino con «una tradizione, e un pezzo di cultura, a rischio a causa della modernizzazione». La mozione chiedeva «un ritorno alle vecchie pratiche, che prevalga il buon senso e che i privati possano nuovamente tornare a distillare in casa».
L'appello dell'ex-senatore ticinese, parlamentare al Nazionale in questa legislatura, era stato ben accolto anche dalla Commissione dell'economia e tributi degli Stati (CET-S) - e prima di “cambiare” Camera, Regazzi era addirittura riuscito a presentarla di persona - e la votazione si è tenuta lunedì pomeriggio, all'inizio dei lavori della sessione primaverile.
A sostenere davanti agli Stati il “no” del Consiglio Federale, la consigliera federale Karin Keller-Sutter che ha sostenuto come la situazione al momento «sia comunque funzionale e corrispondente alle necessità».
Ha voluto argomentare citando proprio il caso ticinese, dove l'attuale sistema dei consorzi – sostiene la capa del Dff – sembra funzionare bene: «Il vero pericolo per questa tradizione, ci sembra non essere le nuove disposizione quanto il fatto che le nuove generazioni ci sembrino meno interessate a questo tipo di attività».
La palla passa ora al Consiglio federale.