Il ruolo dei social nelle proteste in Francia tra chi li reputa responsabili delle violenze e chi li utilizza per promuovere il dissenso.
PARIGI - Emmanuel Macron è sul piede di guerra. Mentre la Francia è sprofondata nel caos dopo la morte di Nahel, il 17enne ucciso per mano della polizia, il presidente punta il dito contro TikTok e Snapchat. Le accuse? Alimentare le violenze e intossicare i giovani.
Una cassa di risonanza pericolosa
Ma quanto c’è di vero nelle affermazioni del presidente? «I social media fungono da cassa di risonanza. Incoraggiano le persone a cercare contenuti simili alle proprie convinzioni», ci spiega Matthew Hibberd, professore di Media Management all’Università della Svizzera italiana di Lugano.
Una cassa di risonanza che dà voce però a un disagio molto più profondo. «Dare colpa ai social è troppo semplice. Il problema è più radicato. Ma non metto in dubbio che a volte, specialmente tramite la disinformazione, i social non sono uno strumento democratico».
Benzina sul fuoco
Come spesso accade i social media hanno soffiato sul fuoco delle proteste. Il video del momento del dramma, ripreso da un passante, è diventato subito virale sul web amplificando l’indignazione della popolazione. Macron non ha esitato ad annunciare misure per rimuovere i «contenuti più sensibili» dalle piattaforme.
La domanda sorge spontanea: si tratta di censura oppure di controllo della libertà di espressione? «La libertà di espressione non è una libertà senza che essa venga protetta adeguatamente. La libertà di espressione non è mai una libertà senza limiti».
Nuove misure per tutelare la libertà di espressione
Negli Stati Uniti i social sono protetti dalla legge, la Sezione 230, secondo cui i generatori di utenti sono responsabili dei contenuti pubblicati sui social media, non le piattaforme stesse. «Molti paesi hanno acconsentito alle piattaforme di svilupparsi per motivi economici e di libertà di parola senza richiedere loro di proteggere il materiale audiovisivo. La scelta della regolamentazione è stata più legata alle telecomunicazioni piuttosto che alla televisione o al cinema».
Ora assistiamo però a un passo indietro. «La tendenza è di rivedere le regole riguardo ai social media. Assistiamo a molti dibattiti su come tutelare la libertà di espressione. Diversi paesi occidentali guardano verso un programma di legge e giurisprudenza per tutelare le piattaforme, soprattutto nell'ottica di proteggere i minori».