Javier Milei, fresco vincitore delle elezioni presidenziali argentine, ha spiegato in dettaglio il suo piano per risollevare il Paese.
BUENOS AIRES - Il presidente eletto dell'Argentina, Javier Milei, in un'intervista ha fatto sapere che il suo esecutivo realizzerà «un forte aggiustamento fiscale verso un azzeramento diretto del deficit finanziario». Torneremo «solvibili - ha detto - e pagheremo il debito» da 45 miliardi di dollari più interessi col Fondo monetario internazionale (Fmi).
In un'intervista con l'editorialista di Infobae, Manuel Adorni, pubblicata su YouTube, Milei ha affermato: «Sarà uno shock, non ci sarà gradualità».
«I titoli pubblici e le azioni argentine sono saliti. Questo significa che c'è fiducia su ciò che vogliamo fare. Stiamo dando chiari segnali di stabilità e di forza politica, che era una delle cose di cui si dubitava, e siamo in grado di fare accordi al Congresso affinché queste leggi avanzino», ha sottolineato il presidente ultraliberale.
Rispetto al rischio che l'attuale inflazione possa generare un'iperinflazione, Milei ha osservato: «Il rischio c'è. Faremo ogni sforzo per evitarlo».
Il nuovo capo di stato ha poi concordato con la recente affermazione dell'ex presidente Mauricio Macri. «Sono in arrivo sei mesi molto duri», ma saranno «il decollo dell'Argentina». «Non si tratta di tagliare quella che è considerata spesa pubblica -ma le voci su cui la politica ruba. Questo è il grande trucco. La Banca di sviluppo interamericana ha pubblicato uno studio sull'inefficienza della spesa pubblica. L'Argentina ha un'inefficienza di 7,5 punti e un deficit finanziario di 5».
Alla domanda su possibili proteste nelle piazze anche violente in reazione al suo piano, Milei ha risposto: «Non mi lascerò ricattare. Altrimenti non risolviamo niente».
In un'altra intervista il 53enne ha sostenuto che per quanto riguarda il futuro delle opere pubbliche e soprattutto di quelle già stabilite esse non potranno più essere finanziate: «Non abbiamo denaro, abbiamo un forte deficit fiscale" e dobbiamo "dare priorità all'equilibrio dei conti», ha detto.
Rispondendo alle domande di un noto giornalista radiofonico, Daniel Fantino, il capo dello stato eletto ha indicato che «a livello locale i sindaci devono trovare il modo per finanziarle». Nel nostro governo, ha aggiunto, «introdurremo un sistema di iniziativa privata alla cilena», ripetendo che «non ci sono soldi e se non facciamo un aggiustamento fiscale si scatenerà un'iperinflazione e avremo il 90% di poveri e il 70-75% di indigenti».
Dopo aver evocato lo spettro del Venezuela, il leader de La libertà avanza (Lla), ha portato invece come esempio l'Ecuador, che «ha dollarizzato, sterminando l'inflazione. Il nostro piano - ha spiegato poi - è molto simile alla convertibilità dei tempi (del presidente Carlos) Menem», quando esisteva una parità fissa di uno a uno fra peso e dollaro. «Sai - ha osservato - quanto era il salario in Argentina quando se ne andò (il presidente Raul) Alfonsin? 180 dollari. E sai a quanto lo portò Menem? A 1800. E sai quanto è il salario in Argentina? 300 dollari».
Comunque, ha concluso, «non si negozia l'equilibrio fiscale. Non c'è discussione. Se un ministro supera la spesa prevista, lo caccio!».