La Casa Bianca ha smentito, spiegando che tra i due c'è - nonostante i disaccordi - «una relazione rispettosa»
WASHINGTON - La pazienza di Joe Biden sembra essere arrivata al limite. Israele sta uccidendo troppi civili a Gaza e dopo aver definito appena pochi giorni fa "over the top", eccessiva, la risposta di Benyamin Netanyahu al massacro di Hamas del 7 ottobre, il presidente americano ora appare furioso proprio con il primo ministro israeliano, tanto da riferirsi a lui con epiteti poco lusinghieri, se non addirittura insulti.
A oltre quattro mesi dall'inizio del conflitto, nei confronti dello Stato ebraico e della sua operazione militare si alzano i toni anche in Europa, a partire dalla Gran Bretagna e dall'Ue, dove crescono anche gli interrogativi sull'invio di armi a quell'esercito che ha ora nel mirino pure l'ultimo lembo della Striscia rimasto agli sfollati in fuga.
Secondo indiscrezioni di Nbc News, quando Biden parla di Netanyahu ai suoi collaboratori si riferisce a lui come a «quel ragazzo», se non addirittura a «uno stronzo», come sarebbe avvenuto in tre recenti occasioni. Il Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha smentito le ricostruzioni del network americano, affermando che nonostante alcuni disaccordi i due leader nutrono «una relazione decennale di rispetto in pubblico e in privato».
Mentre il dipartimento di Stato ha ribadito che gli Stati Uniti non vogliono un cessate il fuoco generale a Gaza, ma che «ora serve una tregua umanitaria». Anche Londra comincia a innervosirsi con Israele: il ministro degli Esteri David Cameron ha condannato i raid e l'eventuale ingresso delle forze di terra a Rafah, al confine con l'Egitto, dicendosi «molto preoccupato» per i civili palestinesi «che non hanno più dove andare».
L'ex premier britannico ha invitato Israele a «fermarsi e a riflettere molto seriamente prima di ogni ulteriore azione militare: noi vogliamo una pausa immediata dei combattimenti che conduca a un tregua sostenibile senza ripresa delle ostilità». E proprio come gli Usa, il Regno Unito ha imposto sanzioni a quattro israeliani indicati come leader «estremisti» dei coloni in Cisgiordania, accusati di aver «minacciato e perpetrato atti di aggressione e violenza contro civili palestinesi nei territori occupati».
A Bruxelles invece l'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, ha incalzato direttamente l'amministrazione Usa: «Il presidente Biden ha detto che i morti civili a Gaza sono troppi. Se sono troppi allora forse devi dare a Israele meno armi, è abbastanza logico», ha affermato in una conferenza stampa accanto a Philippe Lazzarini, commissario dell'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi che Israele considera fiancheggiatrice di Hamas. «Tutti vanno a Tel Aviv e chiedono: "Per favore, ci sono troppe vittime, uccidete meno civili". Ma Benyamin Netanyahu non ascolta nessuno. Forse è il caso di smettere di chiedere per favore e fare qualcosa», ha aggiunto Borrell che, con amaro sarcasmo, ha replicato anche alle richieste di evacuazione dei civili da Rafah: «E dove dovrebbero andare? Sulla luna?».
Se gli appelli alla moderazione e alla protezione dei civili non bastano, anche le organizzazioni per la difesa dei diritti umani chiedono lo stop all'invio di armi a Israele come strumento di pressione. Un tribunale olandese ha dato loro ragione ordinando ai Paesi Bassi di «cessare ogni esportazione e transito di parti dell'F-35 verso Israele entro 7 giorni». Il governo dell'Aja ha già fatto ricorso sostenendo che «la fornitura di componenti americani degli F-35 non sia illegale» e che comunque spetta «allo Stato definire la propria politica estera». «Israele ha bisogno di quegli aerei per difendersi dalle minacce provenienti dalla regione, separate da Gaza», ha spiegato il ministro per il Commercio estero e della Cooperazione allo sviluppo, Geoffrey Van Leeuwen, pur sollecitando un cessate il fuoco «umanitario e temporaneo» e ad applicare integralmente il diritto umanitario internazionale. «Anche Israele deve attenersi a questo».
Anche negli stessi Stati Uniti cominciano a levarsi voci contro l'invio di armi a Israele. Come quella del senatore indipendente Bernie Sanders: «Nessuno in Congresso dovrebbe votare per inviare 10 miliardi di dollari di aiuti militari alla macchina da guerra di Netanyahu, responsabile di un disastro umanitario senza precedenti». E naturalmente dall'Autorità nazionale palestinese che, tramite il portavoce di Abu Mazen, invita l'amministrazione Biden «a non rimanere ostaggio delle politiche israeliane» nella Striscia e di non credere «all'inganno» di un piano di evacuazione di Rafah: «A Gaza non c'è più un posto sicuro».