Domenica si aprirà il Congresso del Partito Comunista Cinese. E Xi Jinping va verso un (inedito) terzo mandato. Il punto
PECHINO - La Cina si appresta a decidere. O meglio, a formalizzare ciò che ha deciso in questi mesi, ripassando a penna i contorni di un futuro inedito. Domenica, 16 ottobre, si aprirà il ventesimo Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese. Il "conclave rosso".
Quello che è per definizione l'evento cardinale della vita politica cinese, quest'anno si annuncia come uno spartiacque nell'esistenza del Dragone stesso. Un momento che, al netto di improbabili sorprese, rimetterà in discussione le dinamiche che per decenni sono state l'unico metro da seguire. Perché è praticamente certo, e questo da mesi, che Xi Jinping verrà riconfermato segretario del Partito comunista più grande al mondo - con i suoi oltre 96 milioni di iscritti. E, di riflesso, resterà alla guida della Repubblica Popolare Cinese come presidente. Per un terzo mandato. E questo non è mai accaduto.
Xi Jinping, lì per restare
Pechino riscrive la sua storia. E, nella complessità carica di incertezza del momento - tra la questione rovente di Taiwan e la guerra in Ucraina sullo sfondo - travalica come mai prima i margini della propria pagina, lasciando il segno su tutte le altre in qualche modo rilegate. Negli ultimi decenni, la successione del potere nel cuore del Dragone ha mantenuto un andamento costante. I predecessori di Xi erano rimasti in carica per un decennio - ossia, per due mandati di cinque anni - individuando un "erede" a cui passare poi il testimone. Da Jiang Zemin a Hu Jintao, fino a Xi Jinping. E si può dire che la lunga marcia verso il terzo mandato quest'ultimo l'abbia iniziata già nel 2017, in occasione del precedente Congresso, quando non venne indicato nessun "papabile" successore al Comitato permanente dell'ufficio politico del PCC. Un primo strappo alla tradizione, tra le mura della Grande Sala del Popolo. Il segnale, a posteriori ben più chiaro, che Xi era lì per restare.
Il secondo segnale è arrivato pochi mesi dopo, quando l'Assemlea nazionale del Popolo cinese ha messo mano alla Costituzione, su proposta del Comitato centrale del PCC, emendando il limite dei due mandati consecutivi. Pochi giorni prima che Xi Jinping, già riconfermato segretario, venisse rieletto per il suo secondo mandato.
Il conclave rosso
Al conclave cinese - che proseguirà per sette giorni - parteciperanno 2'296 delegati, eletti negli ultimi dodici mesi, con l'incarico di "scegliere" i circa 200 componenti del Comitato centrale, e altrettanti delegati alternativi. E le virgolette sono d'obbligo, perché, come detto, si tratta piuttosto di formalizzare quanto già è stato deciso nei mesi che precedono il Congresso. Non proprio un'elezione, quindi. La trascrizione di un meccanismo nebuloso, in cui sono i vertici del Partito a negoziare e decidere i chi e i dove del lustro che verrà. Un conclave, sì, ma senza possibili fumate nere.
La "fumata bianca", per tradizione, avviene invece con l'entrata dei sette eletti del nuovo Comitato permanente del Politburo nella Grande Sala del Popolo, in ordine di importanza. Quindi, stando alle previsioni, con Xi in testa al gruppo. Un «raro sguardo nella scatola nera dell'elite politica cinese», prendendo in prestito le parole suggestive che l'esperta di questioni cinesi della CNN, Simone McCarthy, utilizza per incorniciare il momento; tanto atteso dagli analisti. Per determinare quali saranno le priorità future del Dragone. E, questione tutt'altro che secondaria, quanto potere Xi Jinping - il cui pensiero è già stato incorporato nello statuto del PCC; una "prima" per un leader cinese in carica dopo Mao Zedong - sarà riuscito a concentrare nelle proprie mani.