Si evocano perdite potenziali dalle proporzioni immani a livello globale.
Per numero di morti e impatto economico, la crisi attuale ha già superato la SARS.
LONDRA - Nata come un'emergenza sanitaria, l'epidemia di coronavirus spaventa ormai anche per le ripercussioni economiche su scala mondiale che minaccia di produrre. Con gli analisti costretti a rivedere al ribasso le previsioni per il 2020: e non solo per la Cina, dove si teme una contrazione nel primo trimestre dell'anno fino al 10% di una crescita già ridotta dal 6% al 5,4%, il tasso più basso dal '90.
Un contraccolpo di cui, nella City di Londra, alcuni economisti britannici stanno provando - come altri - a misurare l'entità globale in prospettiva con stime tutt'altro che tranquillizzanti. Fino a evocare perdite potenziali per l'economia complessiva del pianeta pari alla mirabolante cifra di oltre 1'100 miliardi di dollari.
Ad alimentare gli allarmi d'oltre Manica è arrivata questa settimana pure la notizia della bancarotta di Flybe, compagnia aerea locale britannica da tempo in crisi su cui gli effetti dell'emergenza Covid-19 si sono abbattuti come un colpo di grazia.
«Nell'economia interconnessa in cui viviamo oggi la Cina è chiaramente il principale centro manifatturiero, è la fabbrica del mondo - spiega all'ANSA Chris Ostrowski, direttore del think tank Official Monetary and Financial Institutions Forum -. Molte loro attività hanno un ricaduta globale». Rispetto alla pandemia di Sars del 2003, il virus COVID-19 ha già causato più morti, più contagi e maggiori danni all'economia mondiale, nota. Anche perché oggi il gigante cinese rappresenta quasi il 17% del Pil mondiale, rispetto al 4% d'inizio millennio. E una sua brusca frenata - secondo le proiezioni della società di consulenza Oxford Economics - rischia di costare più di 1'100 miliardi di dollari su scala globale: vale a dire quanto l'intero prodotto interno lordo dell'Indonesia, la 16esima economia al mondo.
«Rispetto alla crisi finanziaria del 2008 il quadro è persino più allarmante - sostiene Neil Sharing, di Capital Economics -, perché in quella crisi era stata colpita solo la domanda per via dello scoppio della bolla immobiliare. Mentre oggi la chiusura degli impianti produttivi indebolisce pure l'offerta».
Lo spettro del contagio sta avendo un impatto sproporzionato sulle attività commerciali, perché la gente ha paura di uscire di casa e i consumi precipitano, si sottolinea. Mentre la Banca mondiale ha già calcolato che una grave pandemia di coronavirus potrebbe causare una riduzione fino al 5% del Pil mondiale.
«I danni - prosegue Sharing - sono causati solo in parte dalla diffusione del virus. Sono i comportamenti dei consumatori, che si auto-isolano, non lavorano, non vanno al ristorante o al cinema, a preoccupare». Timori e incertezze confermati dall'andamento delle borse e dai mercati internazionali, reduci della peggiore settimana dell'ultimo decennio. «Soprattutto il mercato azionario ha dimostrato di non sapere valutare come potrà evolvere una situazione - conclude l'analista - destinata a durare per mesi o trimestri più che giorni o settimane, visto che il virus è già arrivato in Europa e a quanto pare anche negli Stati Uniti».
Un'epidemia ormai davvero globale dunque. Con ricadute, anche economiche, ugualmente senza confini.