A lanciare l'allarme è HotellerieSuisse, che sottolinea come le strutture più colpite siano quelle di città.
Secondo gli affiliati, le misure più urgenti per evitare fallimenti sono gli aiuti di Stato per le aziende in gravi difficoltà e i crediti garantiti a tasso zero.
ZURIGO - La situazione nel settore alberghiero sta peggiorando e le previsioni per la stagione invernale sono allarmanti: il grido d'allarme giunge dall'associazione di categoria HotellerieSuisse, che sulla base di un sondaggio fra i suoi membri parla di un'ondata di licenziamenti che continua a interessare il comparto.
Dopo il duro colpo della prima ondata della pandemia è ora giunta la seconda, che sta colpendo il ramo con tutta la sua forza, afferma l'organizzazione in un comunicato odierno. Dappertutto ci si aspetta un calo dell'attività rispetto all'anno precedente, con stime relative ai prossimi mesi che sono peggiorate in modo significativo in confronto all'ultima indagine di settembre.
Il 90% del campione - 450 membri di Hotelleriesuisse interrogati fra il 17 e il 20 novembre - ritiene che nel periodo novembre 2020-febbraio 2021 realizzerà un fatturato inferiore a quello della corrispondente stagione del 2019-2020; l'8% si aspetta valori simili e solo il 2% una progressione.
Il pessimismo è particolarmente marcato per le strutture di città (97%, 2%, 1%), alle prese con il crollo della domanda estera e con il completo collasso del turismo d'affari, ma è largamente preponderante anche nella regione alpina (85%, 12%, 3%). Per far fronte alla situazione il 66% degli hotel negli agglomerati si è visto costretto ad abbassare i prezzi, un passo seguito anche dal 21% degli alberghi alpini.
La sfida è quindi abbassare i costi e come misura numero uno si pensa al personale: il 53% degli albergatori di città sta licenziando. Anche il 33% di quelli delle aree rurali, però, lo sta facendo e il 18% delle strutture alpine.
Il 77% degli interpellati prevede inoltre di dover ricorrere al lavoro ridotto, una percentuale aumentata di 11 punti rispetto al sondaggio di settembre. Nel settore alberghiero cittadino la quota sale all'88%. Alla luce di questi sviluppi il timore di finire in bancarotta è aumentato: a fine novembre, l'8% giudicava elevato il rischio di fallimento, contro il 6% di due mesi prima.
Gli interessati ritengono che le misure più urgenti per evitare la chiusura siano l'aiuto dello Stato per le aziende in gravi difficoltà a causa del coronavirus (cosiddetti casi di rigore) e i crediti garantiti a tasso zero. Più della metà (53%) delle imprese che hanno già richiesto un prestito Covid lo farebbe ancora: nelle città la percentuale è notevolmente più alta, pari al 64%.
In estate netta ripresa del settore paralberghiero - Il settore paralberghiero, dal canto suo, è apparso in netta ripresa nel terzo trimestre: i pernottamenti sono stati 7,5 milioni, a fronte degli 1,2 milioni del periodo aprile-giugno, che aveva subito in pieno il contraccolpo della pandemia di coronavirus. Anche su base annua la progressione è notevole: nello stesso periodo del 2019 le notti erano state 6,8 milioni.
Stando ai dati diffusi oggi dall'Ufficio federale di statistica (UST) a stimolare la domanda è stata la componente indigena, pari all'80%. Le abitazioni di vacanza sfruttate commercialmente hanno totalizzato 2,6 milioni di pernottamenti (2,0 di svizzeri); gli alloggi collettivi (ostelli della gioventù, sistemazioni per gruppi, ecc.) 1,7 milioni (1,5 per gli ospiti con passaporto rosso); i campeggi 3,2 milioni (2,5 indigeni). Non sono ancora disponibili dati disaggregati regionali.
Cumulata con i risultati del settore alberghiero, tra luglio e settembre la ricettività turistica in Svizzera ha generato un totale di 16,8 milioni di pernottamenti, di cui il 76% con clientela elvetica.