Luca Campana
Sono passati solo pochi giorni da quando Jenny Santi, primo cittadino di Porto Ceresio si lamentava delle centinaia e centinaia di macchine in coda ai pochi valichi lasciati aperti, code con inadeguati controlli a tutela di cittadini svizzeri e degli stessi frontalieri, per lui infatti erano superficiali i controlli di documenti lavorativi fatti da agenti svizzeri senza alcun tipo di protezione… né guanti, né mascherine, né distanza di sicurezza… Persone quindi che possono infettarsi attraverso il contatto con i tanti lavoratori in auto e che possono contagiare loro stessi questi ultimi!
Ed oggi invece e a soli pochi giorni come siamo messi? Paradossalmente in una situazione ambigua e diversa che rasenta il paradosso della sicurezza e della possibilità di veicolare tra i due paesi con tutti gli annessi del caso; infatti questo 3 giugno l’Italia si prepara a riaprire le frontiere con il resto dell'Europa, Svizzera compresa.
Ma è qui che cresce l’inghippo e regna la confusione con notizie ufficiali contrastanti su ciò che si possa, o non possa fare, tra: parenti in pensiero per la lunga lontananza e chi comunque vorrebbe ritornare a circolare liberamente con molteplici altri interessi, d’altronde neanche il monito della nostra consigliera federale Keller-Sutter che asserisce che i viaggi in Italia sono “sconsigliati” ma non proibiti, aiuta nella comprensione, chi ci capisce qualcosa ora come ora è bravo.
Intanto però girano sempre più voci (anche informazioni di sindaci oltre frontiera) sul fatto che si potrà varcare la dogana per poter fare numerose attività come il taglio dei capelli, andare dall’estetista e consumare nei ristoranti ma rimane comunque impedita la possibilità di fare la spesa, voci queste (titolari della zona di confine) difficili da verificare poiché nulla di ufficiale è a portata di mano nonostante il continuo comportamento di numerose persone “ticinesi” che attualmente ed un in qualche modo riescono comunque a varcare il confine in molteplici modi e per motivi forse fino ad ora poco giustificati.
Ciò che risulta è comunque la protezione di un certo mercato interno (distributori e venditori interni di alimenti) e che in questi mesi hanno visto incrementare i propri guadagni e utili, piuttosto che una millantata protezione da un agente infettivo dall’esterno e questo non mi sembra corretto (per la confederazione il rischio del Covid-19 è sempre stato valutato alquanto basso, inizialmente anche dai rappresentanti cantonali), anzi rappresenta ciò di più illiberale potrebbe esserci in quanto gli interessi di certa parte risulta più preponderante e pregiudica gli acquisti e gli interessi di parte della classe media ticinese, che da tempo purtroppo stringe la cinghia.