Matteo Negri, presidente dell’Associazione Fontanieri Ticinesi
Ci risiamo con il circo di Davos, con il nostro esercito a difendere banchieri, politici e “intrallazzatori” miliardari che decidono il bello e il brutto delle risorse naturali all’interno del loro club privato esclusivo.
Oltre agli albergatori che coprono la mancanza di neve e le “accompagnatrici” che gioiscono per gli ingaggi, chi effettivamente ci guadagna a ospitare il WEF (“World Economic Forum”) nei Grigioni? A leggere i commenti sui blog sembrerebbe che la Svizzera in questi caldi giorni di gennaio brilli più del solito, sostenuta da un servilismo mediatico che supera quello ipocrita a cui siamo oramai assuefatti. Ma cosa porta a noi questo costosissimo “baraccone”?
Parliamo di acqua, risorsa liquida indispensabile anche per i bevitori incalliti di vino e affini. Lo scorso anno abbiamo chiuso con uno spaventoso deficit idrico, di poco cambiato, a seguito di ridicole precipitazioni autunnali e patetiche nevicate di questo caldo, atipico, inverno.
Il nostro futuro sarà sempre più secco e caldo; poco importa se la colpa sarà attribuita ai cicli solari, all'antropizzazione, all'industria o quant'altro. A dispetto dei pareri di molti politici, condivisi da una fetta (cieca) della nostra società, saremo confrontati con la scarsità di una materia prima indispensabile alla vita: l'acqua. E, parallelamente, saremo condizionati da chi vorrà sfruttare questa situazione a suo vantaggio: quelli di Davos per essere chiari.
La privatizzazione dell'acqua sarà il prossimo passo, o comunque un ulteriore passo, dopo i brevetti vari riguardanti mais e frumento, tanto per fare un esempio. L'ipotesi non è poi così peregrina. L'Italia, nonostante lo schiacciante esito popolare del 2011 che chiedeva l'accesso pubblico ad un bene ovviamente di tutti, di recente ha aperto la strada alla privatizzazione dell'oro blu, adducendo la sua sempre maggiore scarsità e il cattivo stato degli acquedotti. L'Europa, sotto la spinta dell'opinione pubblica ha fortunatamente sancito il principio dell'accesso illimitato all'acqua, peraltro pure (solo) consigliato dall'ONU tramite una sua risoluzione.
In Svizzera si è tentato, con modalità e argomenti diversi, di "privatizzare" le aziende dell'acqua potabile di alcuni cantoni, ma senza successo. Evidente segno di una società che è sensibile a questo argomento.
Negare questa pericolosa situazione, ridicolizzandola, o minimizzandola, significa mettere a repentaglio il prossimo futuro, nostro e dei nostri figli. Indipendentemente dagli interessi privati in gioco, la scarsità di questa materia prima potrebbe portare, a medio-lungo termine, l’insorgere di conflitti, non solo sociali e non solo nelle nazioni in via di sviluppo.
Per il momento, la felicità di suddette circostanze è relegata nelle figure di albergatori e “accompagnatrici”. Nel frattempo, noi aspettiamo e neghiamo ancora l'evidenza.