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LORENZO QUADRIStrade nazionali: non sono solo sei progetti

17.11.24 - 08:41
Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale Lega dei Ticinesi
Lorenzo Quadri
Fonte LORENZO QUADRI
Strade nazionali: non sono solo sei progetti
Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale Lega dei Ticinesi

LUGANO - Domenica prossima voteremo sul “Decreto federale sulla fase di potenziamento 2023 delle strade nazionali”. Il progetto in votazione prevede di decongestionare 6 tratte autostradali tramite l’eliminazione dei cosiddetti colli di bottiglia. Secondo gli ultimi sondaggi, il Decreto rischia la bocciatura. Se non passasse, sarebbe un problema per tutti.

Visto che nessuna delle tratte autostradali interessate si trova in Ticino, qualcuno potrebbe essere tentato di votare No, ritenendo che “tanto la questione non mi tocca”. Non è così che funziona.

E’ chiaro che il voto del 24 novembre non riguarda solo i 6 progetti concreti, ma ha valenza politica ben più ampia. Una bocciatura si tradurrebbe in un No alle strade, No agli automobilisti, No alla mobilità individuale.

La prima – e più ovvia - conseguenza sarebbe la messa in discussione dei progetti autostradali anche in Ticino. Il collegamento A2-A13 ce lo leviamo dalla testa, quindi il Locarnese continuerà a rimanere isolato. Anche il potenziamento dell’autostrada tra Lugano e Mendrisio sarebbe a rischio. Risultato: la rete stradale cantonale e comunale del Luganese e del Mendrisiotto sarà sempre più intasata. Infatti, per schivare le code sull’A2, gli automobilisti si riversano sulle strade cantonali.

Un No al Decreto darebbe inoltre slancio alle politiche di sinistra mirate a criminalizzare e a taglieggiare gli automobilisti.

Logica conseguenza

La necessità di intervenire sulle autostrade è una logica conseguenza dell’immigrazione incontrollata. E’ ovvio che più abitanti significa – tra l’altro - più automobili, più traffico, più inquinamento. Negli ultimi vent’anni, a seguito della libera circolazione delle persone, la popolazione svizzera è aumentata di oltre il 20%: percentuali del genere non si trovano da nessun’altra parte. E ai residenti vanno ancora aggiunti i frontalieri, che utilizzano la nostra rete autostradale due volte al giorno. A sinistra pensano sul serio che sia possibile fare entrare tutti senza che ciò abbia conseguenze sulle infrastrutture, comprese quelle viarie?

Le autostrade elvetiche sono state realizzate tra gli anni 60 e 80 del secolo scorso. Niente di strano che siano ormai sature. All’epoca, la Svizzera aveva poco più di cinque milioni di abitanti. Adesso ne ha nove; tra qualche anno, saranno dieci.

Atti tafazziani

La funzione delle strade nazionali è quella di scaricare gli agglomerati dal traffico di attraversamento. Le autostrade svizzere costituiscono solo il 2.7% della rete viaria nazionale, ma assorbono il 45% dei transiti. Se non funzionano più perché intasate, i veicoli si riversano sulle strade cantonali. A farne le spese sono i centri abitati, e quindi la popolazione. Votare contro le autostrade è dunque un atto tafazziano.

Nemmeno si può pensare di trasferire grandi quantitativi di traffico dalla gomma alla rotaia. In quest’ultima, peraltro, già si investe assai di più che nella manutenzione e nello sviluppo delle autostrade.

Da un lato le ferrovie sono anch’esse al completo, dall’altro il treno gestisce il 15% degli spostamenti dei passeggeri. Sicché, anche raddoppiando la rete ferroviaria, al massimo si creerebbe posto sui treni per un ulteriore 15% dei viaggiatori.

Non è poi vero che più autostrade significa più traffico. Tanto per cominciare, non si stanno costruendo nuove autostrade, ma solo eliminando i colli di bottiglia più gravi in quelle già esistenti.

Inoltre, i veicoli non si moltiplicano da un giorno all’altro per conto proprio. La nostra rete autostradale ci ha messo quarant’anni a raggiungere la capacità massima, e ciò è avvenuto perché la popolazione è esplosa a causa dell’immigrazione fuori controllo.

48mila ore di coda

Nel 2023 sulle autostrade elvetiche si sono registrate 48mila ore di colonna. Tra il 2016 ed il 2023, il numero delle ore di congestione è raddoppiato. I costi per l’economia sono enormi: l’ultimo dato disponibile, riferito al 2019, parla di 1.2 miliardi di franchi.

Per ogni piazza economica, e quella svizzera non fa eccezione, l’accessibilità viaria è un requisito determinante. Comprometterla significa perdere competitività, con conseguente aumento della povertà.

Domenica prossima evitiamo di farci male da soli con un regalo ai climatisti rossoverdi e agli odiatori degli automobilisti: votiamo Sì al Decreto federale sulla fase di potenziamento 2023 delle strade nazionali.

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