Accuse e voltafaccia, i tre giorni che (non) hanno cambiato il calcio.
Aleksander Ceferin ha vinto, ma sarà un sovrano magnanimo.
NYON - È finito tutto prima di cominciare. La rivoluzione più breve della storia. La SuperLega non s'ha da fare.
Per una volta il mondo del calcio ha fatto quadrato e, rivendicando tradizioni e meritocrazia, ha detto “no” all’oligarchia di dodici club che hanno tentato il golpe. Fallendo. Ancora una volta il pallone ha deciso di affidarsi alle sue poco trasparenti organizzazioni, generose a singhiozzo e solo con chi è pronto a scendere a compromessi.
Il tentativo di rivoluzione è durato quanto un battito di ciglia: sembrato improvvisato (zero copertura mediatica, zero certezze sul format, zero chiarezza su coperture televisive e finanziarie, zero rispetto per la numerosissima base di appassionati), è cominciato in pompa magna dopo il weekend salvo poi evaporare del tutto nella giornata di ieri.
L’idea - La SuperLega era stata pensata come un campionato di franchigie - sullo stile dell’Nba o dell’Eurolega di basket - che poggiando su un numero ristretto di squadre (unte dal Signore?) avrebbe dovuto fare la concorrenza alla Champions League. Il progetto girava da anni ed era rimasto chiuso in un cassetto solo perché rallentato dagli accordi fatti tra i big e la Uefa. Il motivo alla base di tutto? Meramente economico. C’erano infatti in ballo una fetta di torta dei diritti televisivi e l’appoggio della Jp Morgan per un giro di circa 10 miliardi di euro. Un’enormità.
L’ufficialità - Il dado è stato tratto nella notte tra domenica e lunedì quando Milan, Arsenal, Atletico Madrid, Chelsea, Barcellona, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Real Madrid e Tottenham hanno aderito in qualità di Club Fondatori.
Il format - I quindici Fondatori e altre cinque società sarebbero stati divisi in due gironi. Ci sarebbero stati incontri infrasettimanali di andata e ritorno. Le prime tre di ogni gruppo si sarebbero qualificate poi per i quarti, dove sarebbero state raggiunte dalle vincenti del “playoff” tra quarta e quinta. Tutti i partecipanti avrebbero continuato a competere nei loro rispettivi campionati nazionali nei weekend.
Tutti contro - Immediate le reazioni. Con il suo presidente Aleksander Ceferin, l’Uefa si è scagliata contro la nuova creatura, ricevendo l’appoggio della Fifa di Gianni Infantino. Con tanto di minaccia di estromissione dei club dissidenti e dei loro giocatori dalle competizioni ufficiali già a partire dai prossimi Europei. Tale mossa è stata appoggiata delle singole federazioni, pronte a estromettere le squadre dai campionati nazionali. Si è poi verificata una sorta di sollevazione popolare. I Governi, da Macron a Johnson passando per Draghi, hanno per esempio stigmatizzato la nascita della SuperLega. Per non parlare degli addetti ai lavori. L’ex United, Gary Neville - su tutti - ha infatti parlato di “atto criminale”. Poi i tifosi: soprattutto gli inglesi hanno riempito le piazze per protestare.
Il pentimento - Sono bastate 48 ore o poco più perché il polverone si diradasse. Già inizialmente tradito da Bayern, Psg e Borussia, il gruppo di rivoluzionari si è velocemente sgretolato dopo il dietrofront del Manchester City. Vista la giravolta dei Citizens, tutte le inglesi hanno mollato, lasciando nei guai le rappresentanti italiane e spagnole. Ma anche queste sono durate poco. Tra martedì notte e mercoledì hanno infatti sotterrato l’ascia di guerra pure Barça, Atletico, Inter e Milan, accompagnati dal comunicato ufficiale che ha di fatto rinviato la riforma. Da Superlega a Superfuga. Se ci saranno strascichi - per ora smentiti - lo capiremo solo nei mesi a venire.
Ha vinto la Uefa, ma ora c’è molto da ricucire
Il calcio - o almeno l’idea romantica di esso - è uscito vincitore da quello che poteva essere uno scisma e che invece non è stato. Chi ha davvero vinto, dopo il tentativo di golpe dei dodici dissidenti, è stata la Uefa. A Nyon hanno tenuto botta, non hanno barcollato sotto i colpi dei grandi club e al gong hanno alzato le braccia al cielo. Questo è stato possibile grazie a un’irremovibilità resa solida (anche) dal sostegno della Fifa e a programmi certi. Come quelli relativi alla nuova Champions League, varata proprio mentre i compari della SuperLega vendevano fumo.
Eppure, al di là del loro epico fallimento, i rivoltosi sono riusciti a mettere in dubbio il sistema di ripartizione dei ricavi finora attuato dalla Uefa. Le bordate di Florentino Perez - presidente del Real - al “sistema” hanno infatti lasciato il segno. Il pallone adesso va ricucito nei suoi strappi.