Arno Rossini: «Nel calcio la fretta non paga. Il PSG non l'ha ancora capito»
«Al Milan si sono riscoperti normali. E la normalità in Europa rischia di non farti fare molta strada».
MONACO DI BAVIERA - Qual è la società più spendacciona d'Europa? Fate una domanda del genere a un tifoso di calcio e sarà in dubbio tra Manchester City e Paris Saint-Germain.
Per parlare dei Citizens c'è tempo; i parigini sono invece l’attualità. Questa sera affronteranno infatti il Bayern Monaco in Champions League. “Da favoriti, visto quanto possono spendere”, direte voi. Sbagliato, perché nell'andata degli ottavi di finale, a Parigi, a vincere sono stati i tedeschi. Non certo un club povero, è vero; ma nemmeno uno che si distingue per le spese pazze.
«È la prova che nel calcio i soldi contano, sono importantissimi, ma non ti assicurano nulla. Di certo non ti garantiscono la vittoria in coppa - è intervenuto Arno Rossini - Il Bayern è solidissimo a livello economico e riesce anche a piazzare colpi importanti; non spende tuttavia quanto il PSG. Non spreca ma è sempre competitivo».
Qual è il segreto?
«Non c'è alcun segreto. C'è solo la programmazione di una società che è saldamente in mano a tanti ex giocatori, dallo staff tecnico fino alla presidenza, un club che può contare sullo stadio di proprietà, su tifosi caldi e affezionati e su una visione a lungo termine. A Parigi possono comprare i giocatori più forti del mondo; mettere insieme undici o più campioni non significa in ogni caso costruire una squadra molto forte. “Squadra”, nel senso di insieme, la si ha quando si riesce a trovare l'amalgama. E in questo in Baviera sono bravissimi. Hanno un settore giovanile che sforna a ripetizione ottimi elementi, che vanno poi a formare lo zoccolo duro del gruppo. E a questi vengono aggiunti campioni di primissimo livello. Così si garantisce continuità al progetto tecnico. Così si evita di buttare troppi quattrini. Così si rimane competitivi nel tempo».
Le scorciatoie non funzionano.
«Esatto, nel calcio la fretta non paga. A Parigi questo non l'hanno ancora capito».
L'1-0 dell'andata è comunque un risultato che non può dare garanzie al Bayern.
«No, certo, però io non ce lo vedo il PSG andare a far la voce grossa all'Allianz Arena».
Dallo stesso risultato ripartiranno Tottenham e Milan. In Italia ha vinto il Diavolo e oggi si gioca a Londra…
«Sfida interessante, complicata da definire. Quella londinese è una bella squadra, che può contare su molti campioni ma che fatica a trovare una sua identità precisa. I britannici non stanno convincendo, non stanno giocando bene. Il contesto non sembra permettere loro di esprimersi come potrebbero».
Conte che non è sicuro di rimanere…
«Anche, certo. Il mister italiano ha più volte ribadito di non avere certezze riguardo al futuro. Questo, pur se si sta parlando di professionisti, di sicuro leva serenità e certezze a un gruppo comunque ricco di qualità. Il Tottenham è un bel punto di domanda».
E il Milan?
«Ha fatto un passo indietro rispetto all'anno passato. Nella scorsa stagione c'era entusiasmo, c’erano menti libere. I rossoneri correvano, divertivano e vincevano. Adesso tutto ciò non accade».
Il Diavolo si è imborghesito?
«No, non credo sia questo. Molti calciatori stanno semplicemente giocando al di sotto del loro livello. Penso a Leão, penso a Giroud, penso a Ibrahimovic che passa il tempo a mostrare i muscoli. Ma è tutta apparenza, tutta forma e niente sostanza: in campo non ha potuto lasciare il segno. La verità è che molti interpreti sono avanti con gli anni e il mercato della società, che avrebbe dovuto portare forze fresche, è stato fallimentare. Chi invece ha l'età “giusta” ha anche altri pensieri. Lo stesso Leão, per esempio, sembra distratto da un rinnovo contrattuale che non è arrivato e forse non arriverà. Svanito l'effetto sorpresa, al Milan si sono riscoperti normali. E la normalità in Europa rischia di non farti fare molta strada».