Parola a Davide Rampoldi, tifoso biancoblù da una vita: «Ci sono degli spazi di manovra per rendere la società ancor più performante»
«Il serbatoio delle emozioni, quello che ad Ambrì siamo abituati a vedere pieno, oggi pare un po' vuoto. Spacek? Se guardiamo la sua storia, non ha mai avuto la terra ferma sotto ai piedi e dal 2020 ad oggi ha vestito ben quattro maglie».
MENDRISIO - Giocatori, allenatore e dirigenti contano tantissimo, ma la vera ricchezza di un club sono i fans e tutti i suoi sostenitori. Come Davide Rampoldi, tifoso biancoblù del Mendrisiotto che nella vita è commerciante (comproprietario del negozio 3R Sport a Mendrisio), docente, arbitro di unihockey e non da ultimo Consigliere Comunale a Chiasso. «All'età cinque-sei anni mio papà mi portò per la prima volta a vedere l'Ambrì. Mi innamorai sin da subito e ancora oggi appena posso salgo in Leventina. A quei tempi non c'era ancora l'autostrada fino ad Ambrì, per cui si partiva molto presto, attorno alle 4 del pomeriggio».
Qual è la cosa più pazza che hai fatto per la sua squadra del cuore?
«Prendere un disco in testa. Era la stagione '85/'86 e, dopo un contrasto di gioco fra Kelly Glowa del Sierre e Luca Viganò, il puck schizzò fuori e mi colpì in testa. Crollai al suolo, fui caricato in spalla da Glowa e portato attraverso il ghiaccio negli spogliatoi, dove il Dottor Mona mi applicò alcuni punti di sutura. Quando arrivai a casa mia mamma gliene disse dieci a mio papà...».
C’è un giocatore che ruberesti - o del passato avresti rubato - ai cugini?
«Due elementi spettacolari come Joly e Thürkauf sicuramente ci farebbero molto comodo. Ma guardando al nostro contesto forse opterei per un difensore solido come Mirco Müller».
Come valuti il momento della squadra?
«Siamo chiaramente in un periodo calante. Il serbatoio delle emozioni, quello che ad Ambrì siamo abituati a vedere pieno, oggi pare un po' vuoto. Siamo un po' scarichi di energie mentali e forse al tifoso è quello che spaventa di più, poiché non è abituato. Le altre squadre, quando manca il fuoco sacro, compensano con il talento. Ci tengo comunque a sottolineare che per questa classifica, ad inizio campionato, avremmo firmato un po' tutti. Purtroppo oggi abbiamo gli stranieri che viaggiano a corrente alternata. Spacek è magico, trovo sia fortissimo, ma a mio avviso gli manca una spalla come Chlapik. Per gli avversari marcare due giocatori del loro calibro era sicuramente più complicato che tenere d'occhio il solo Spacek. Il carattere del ceco? A inizio partita, se notate, non si stringe mai in cerchio con la squadra attorno al portiere. Posso pensare che sia un giocatore con un carattere particolare. Se guardiamo la sua storia, non ha mai avuto la terra ferma sotto ai piedi e dal 2020 ad oggi ha vestito ben quattro maglie...».
Cosa pensi della società?
«Sicuramente chi ha preso in mano le redini del club va soltanto ringraziato, soprattutto per la questione nuova pista. Oggi, però, non si parla più solo di passione, ma di business e secondo me c'è moltissimo potenziale "nascosto" che si potrebbe sfruttare meglio. Come ama affermare il nostro presidente l'amore del popolo biancoblù è infinito, ma - a mio modesto avviso - ci sono degli spazi di manovra per rendere la società ancor più performante, aumentando introiti, indotto, valorizzando il tifoso e ottimizzando i costi. Mi sembra che siamo ancora la bella famiglia biancoblù, ma in un mondo in cui è certamente bello essere e rimanere una famiglia, si deve giocoforza divenire più azienda».
Cosa pensi dell’allenatore?
«Cereda per l'Ambrì è un valore aggiunto, ha un cuore enorme e tiene tantissimo a questa società. Per lui, quello di allenare l'HCAP, non è solo un lavoro, me è molto di più. Lo conosco personalmente, sono uscito a cena qualche volta, e non posso che parlare bene di Luca. È una persona squisita. Resta un allenatore giovane e spero rimanga a lungo ad Ambrì, anche se credo che per la sua carriera e crescita professionale un'esperienza lontano dalla Leventina potrebbe solo fargli bene...».
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