Il duplice omicidio di ieri ha lasciato sotto shock Sion. E c'è chi critica l'agire troppo "morbido" delle autorità.
SION - Il giorno dopo la tragedia Sion è una città sotto shock. Nessuno riesce infatti ancora a capacitarsi di quello che è accaduto ieri. D'altronde per un comune tranquillo come quello vallesano metabolizzare un duplice omicidio e la successiva caccia all'uomo (una vicenda simile non si era mai vista nel Cantone) non è impresa facile. Soprattutto per chi, quelle due vittime, le conosceva.
Non è quindi sorprendente che la porta dell'azienda di verniciatura - il cui proprietario è stato ucciso - sia chiusa ermeticamente. E che la voglia di parlare sia ben poca. «Sono cliente di questa azienda da diversi anni e quello che è successo è scioccante», ha raccontato una donna a 20 Minuten.
La tristezza e lo shock, però, si mischiano con la rabbia. La rabbia contro chi ha permesso a un uomo da molti definito come «problematico» e disturbato (vedi box) e con già varie denunce alle spalle di girare indisturbato con un'arma. E di uccidere. I presagi di morte, d'altronde, aleggiavano già sui suoi profili social. «Non mettetemi mai in una situazione in cui devo mostrarvi quanto posso essere crudele e spietato», scriveva il killer 36enne che possedeva il porto per due armi. Un fatto, questo, che molti hanno criticato.
Con i social media a fare da cassa di risonanza dello sconcerto e della rabbia che serpeggia tra la popolazione. «Perché le armi non gli sono state confiscate prima che la situazione degenerasse?», chiede un cittadino. Una domanda, alla quale nemmeno l'ex commissario di polizia Markus Melzl, sa dare una risposta. «Un'arma - precisa - dovrebbe sempre essere confiscata dalla procura se un colpevole fa minacce così esplicite». Ma sul caso specifico di Sion non può esprimersi, non avendo tutte le informazioni e non conoscendo cosa avesse effettivamente in mano la polizia. «Le persone minacciate hanno denunciato il fatto alla polizia? E quanto erano esplicite le minacce?», si domanda l'ex commissario, precisando però che le forze dell'ordine avrebbero dovuto cogliere alcuni segnali. «Ci sono già stati procedimenti contro quell'uomo - conclude Melzl. «La polizia avrebbe dovuto tenerlo maggiormente d'occhio».
La Procura del Vallese - contattata da 20 Minuten - ha da parte sua dichiarato di «non voler commentare ulteriormente il caso in questa fase del procedimento».
«È una persona disturbata» - La rete lo ha descritto come un disturbato mentale. Una tesi che trova d’accordo anche lo psichiatra forense di Basilea Andreas Frei. «Lo svolgimento e l’esecuzione delle sparatorie potrebbero indicare a tutti gli effetti una malattia mentale» ha dichiarato l’esperto a 20 Minuten. «Il 36enne è stato definito dai conoscenti come una persona violenta con problemi comportamentali e scarse abilità sociali. Descrizioni che indicano che l’uomo non riusciva ad adattarsi, e che quindi abbia potuto sviluppare una paranoia che lo ha portato infine a commettere atti terribili». A livello psicologico sarà fondamentale analizzare il contenuto del video, che il 36enne ha realizzato dopo la sparatoria e inviato a diverse persone. «Non è cosa rara tra gli autori di reati simili. Spesso vogliono farsi sentire con questi messaggi, spiegare le ragioni delle loro azioni e giustificarle» ha commentato lo psichiatra forense.