Soprattutto sul lavoro, ma anche nella vita quotidiana e a scuola. Lo sostiene l'ultimo monitoraggio del Servizio per la lotta al razzismo.
BERNA - Aperto, violento e vocale ma soprattutto subdolo e strisciante: il 17% della popolazione residente in Svizzera - ovvero 1,2 milioni di persone - sostiene di essere stato vittima di discriminazione razziale negli ultimi cinque anni.
Lo riporta un nuovo monitoraggio del Servizio per la lotta al razzismo della Confederazione pubblicato oggi (giovedì).
Sul posto di lavoro, a scuola o nella vita quotidiana le persone più toccate, riporta la relazione, sono «soprattutto i giovani (fascia d'età dai 15 ai 39 anni, e soprattutto nella fascia dai 15 ai 24) e le persone con retroterra migratorio».
Quella della discriminazione razziale, quindi, «una realtà per una parte crescente della popolazione».
Mobbing, insulti e paga più bassa - Fra gli ambiti più toccati c'è quello del lavoro (citato nel 69% dei casi): «le forme di discriminazione sono molteplici e vanno dalle disparità di trattamento nelle procedure di assunzione agli insulti e al mobbing sul lavoro, fino alla discriminazione salariale».
Seguono, la vita quotidiana - dai mezzi pubblici, fino al supermercato e agli sportelli di posta e banca - (30% dei casi) e nell'ambito scolastico (27%).
«È necessario agire a più livelli» - Il rapporto del Servizio evidenzia come siano «chiaramente (...) necessari interventi a molti livelli». Particolarmente infido, e importante da affrontare, è il razzismo strutturale, tanto nel lavoro quanto nella scuola: «questa forma di razzismo è annidata in valori, comportamenti e pregiudizi radicati nella società che sfociano nella discriminazione persistente o nell'emarginazione di determinati gruppi».
L'auspicio è quindi quello di introdurre «misure istituzionali», così come «la necessità di garantire un finanziamento adeguato e duraturo delle offerte di consulenza».