Al capo patriarcale, che doveva rispondere delle accuse più gravi, pena di 150 giorni di carcere sospesa per 4 anni
MOUTIER - Su di loro pendevano accuse gravi come macigni: dalla tratta di esseri umani allo stupro. Ma il giudice ha ritenuto il castello accusatorio del Ministero pubblico «non penalmente rilevante», condannando alcuni componenti del clan solo per «alcune violazioni della legge sugli stranieri» e in un solo caso «per sesso con minori».
Assolti per mancanza di prove - La sentenza pronunciata oggi smonta i capi di accusa più gravi nei confronti dei cinque uomini - padre e quattro figli - incriminati per avere tenuto in condizioni di schiavitù quattro donne. Assolti per mancanza di prove dalle accuse di matrimonio forzato, lesioni personali, coercizione e stupro.
Le pene - Il padre, che doveva rispondere delle accuse più gravi, se l'è cavata con una pena detentiva di 150 giorni, sospesa per quattro anni, per aver infranto la legge sugli stranieri. Non sarà espulso dalla Svizzera.
Uno dei figli è stato condannato a una pena pecuniaria di 100 aliquote giornaliere sospese per due anni per ingiuria e minaccia. Un altro a 120 giorni sospesi per tre anni per atti sessuali con fanciulli.
Gli imputati hanno potuto beneficiare della presunzione di innocenza. «Serve una base solida per rinchiudere delle persone», ha detto il presidente del tribunale Josselin Richard giustificando la concessione della condizionale.
«I giudici - ha proseguito - si sono trovati di fronte a versioni contraddittorie, quelle degli imputati e quelle delle vittime». Richard ha spiegato come questi "gruppi omogenei" abbiano avuto tutto il tempo di mettersi d'accordo.
Il tribunale ha infatti ritenuto che le dichiarazioni della parte lesa sono evolute in modo da aggravare le accuse contro i rispettivi coniugi e che fossero talvolta ambigue o non credibili. Se fossero state riconosciute vittime di tratta di esseri umani, le mogli avrebbero potuto beneficiare di un permesso di soggiorno.
Le critiche agli imputati - Nel pronunciare la sentenza, Richard non ha tuttavia risparmiato le critiche nei confronti degli imputati. «Hanno una concezione distorta della casalinga, i mariti sono influenzati dalle loro tradizioni». Per il presidente del tribunale, «gli imputati hanno dato l'immagine di una mancata integrazione in Svizzera essendosi prevalentemente concentrati sulla famiglia e la loro comunità». Tutti gli imputati hanno sempre negato le accuse principali davanti al giudice.
A nulla sono valsi i messaggi Whatsapp e le telefonate in cui le donne denunciavano, lamentandosi, gli abusi subiti e le violenze a cui erano sottoposte.
In aula sono risuonate - generando molto sconcerto - le parole del padre: «rispetto la Legge Svizzera ma le nostre sono per noi decisive».
Per l'avvocato di due delle quattro vittime «alla base di questo comportamento c'è il diritto consuetudinario medievale albanese del Kanun: un grande clan familiare con il suocero come capo patriarcale».