Tutti i partiti hanno votato a favore, tranne l'UDC.
BERNA - La Svizzera deve impegnarsi in modo più incisivo per lottare contro il cambiamento climatico. Ne è convinto il Consiglio nazionale che ha iniziato oggi le discussioni sulla nuova legge sul CO2. Lo scopo è di raggiungere gli obiettivi stabiliti nell'Accordo di Parigi sul clima, ossia di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 50% entro il 2030 (rispetto al 2006). Le discussioni continueranno domani.
Il riscaldamento ambientale è uno dei problemi più gravi per l'umanità, ha spiegato durante il dibattito d'entrata in materia (poi approvata con con 140 voti contro 51 e 4 astenuti) il relatore commissionale Roger Nordmann (PS/VD). I rapidi cambiamenti del clima modificheranno profondamente anche la Svizzera: si può pensare ad esempio all'agricoltura, al turismo alpino, ai boschi e alle ondate di canicola in città, ha sostenuto il vodese.
Vero, ha risposto l'UDC, ma una politica climatica degna di questo nome può dare frutti solo se tutti i Paesi, in particolare i maggiori inquinatori, partecipano alla lotta. Orbene, gli Stati Uniti con i suoi 5 miliardi di tonnellate di CO2 hanno annunciato il loro ritiro dagli Accordi di Parigi, ha affermato Pierre-André Page (UDC/FR).
Insomma, la Svizzera non può influenzare da sola il clima globale, può al massimo contribuire al suo miglioramento e lo sta già facendo, ha sostenuto il friburghese. Per quanto riguarda la politica climatica, va notato che la proposta in discussione pone più l'accento sul rincaro del consumo di energia piuttosto che sull'efficacia della lotta al riscaldamento climatico, ha aggiunto Page invitando il plenum a bocciare l'entrata in materia.
"Non si può rinunciare al nostro contributo alla soluzione del problema, nell'attesa e anche nella speranza che altri Paesi, soprattutto quelli più grandi e più rilevanti dal punto di vista climatico, risolvano il problema per noi", ha replicato Nicolo Paganini (PPD/SG). Un simile atteggiamento è inaccettabile per la Svizzera in quanto Stato altamente sviluppato con una grande impronta ecologica pro capite, ha sostenuto il sangallese.
"È nostro dovere e nostra responsabilità salvaguardare le risorse naturali per le generazioni future, lo status quo non è un'opzione", ha affermato Jacques Bourgeois (PLR/FR). Per il liberale-radicale bisogna puntare innanzitutto sulla responsabilità individuale. In secondo luogo sulle misure basate sul principio "chi inquina paga", con una ridistribuzione alla popolazione e alle imprese della maggior parte delle imposte riscosse.
La Svizzera avrà tutto da guadagnare a uscire dalla dipendenza del petrolio, rafforzandosi non da ultimo da un punto di vista dell'indipendenza energetica, ha aggiunto Beat Jans (PS/BS). "Chi vive in una casa ben isolata ha minori costi accessori, chi guida un'auto elettrica risparmia carburante e manutenzione", ha precisato, riconoscendo che ci sarà comunque un certo costo iniziale. "I 5-13 miliardi di franchi che ogni anno trasferiamo all'estero per l'acquisto di petrolio potrebbero essere molto utili qui in Svizzera", ha sostenuto il basilese.
Per i Verdi la revisione legislativa in discussione è tuttavia insufficiente: "non basterà per la nostra terra e il nostro clima ma è un inizio, una base necessaria per poter sperare in un futuro che valga veramente la pena di essere vissuto", ha detto, in italiano, Aline Trede (Verdi/BE). Le proposte provenienti dal gruppo ecologista di rendere il progetto ancora più ambizioso sono però state respinte.
Bocciate anche gli emendamenti dell'UDC, che avrebbe invece voluto rendere la legge meno incisiva. I democentristi chiedevano ad esempio di ridurre solo l'aumento delle emissioni di CO2 prodotte dall'uomo. Approvata invece la proposta verde-liberale che chiede di portare dal 60 al 75% la percentuale di emissioni che va compensata in Svizzera.
In base agli Accordi di Parigi, entro il 2050 le emissioni nette di di CO2 dovranno essere pari a zero, non solo in Svizzera, ma a livello globale, ha spiegato Martin Bäumle (PVL/ZH) nel giustificare l'emendamento. Ciò significa che tutti i Paesi dovranno adottare misure. In questo senso, le compensazioni all'estero non sono necessariamente efficaci a lungo termine, ha aggiunto.
Tale misura ha anche il vantaggio di favorire la ricerca e l'innovazione in Svizzera, ha precisato Bäumle. "È sicuramente una proposta interessante, ma occorre fissare obiettivi realistici e il modo migliore per farlo è approvare le proposte della maggioranza della commissione", ha replicato, invano, la consigliera federale Simonetta Sommaruga.
Il Nazionale si è anche occupato delle emissioni di gas effetto serra degli edifici, che andranno drasticamente ridotte. Dal 2023, non dovranno superare il valore limite di 20 kg di CO2 per metro quadrato in caso di sostituzione di un impianto di riscaldamento. Tale valore sarà ridotto ogni 5 anni di 5 chilogrammi. A differenza degli Stati, la Camera del popolo ha voluto concedere un periodo transitorio di tre anni ai Cantoni che hanno attuato le disposizioni del cosiddetto Modello di prescrizioni energetiche del 2014.
Con il 22% del totale, gli edifici sono al secondo posto nella classifica dei maggiori produttori di emissioni di gas serra, ha sottolineato Simonetta Sommaruga spiegando la necessità di intervenire. Quasi i due terzi di tutti gli edifici sono inoltre ancora riscaldati con combustibili fossili.
Il dibattito è poi stato interrotto alle 13.00. Riprenderà domani, quando il Nazionale si esprimerà sull'aumento del prezzo della benzina e dei combustibili, sulla tassa sui biglietti aerei (tra 30 e 120 franchi) e sul Fondo per il clima. Quest'ultimo, che dovrà anche finanziare misure di riduzioni a lungo termine delle emissioni di CO2 degli immobili, dovrà in particolare tenere in considerazione le regioni periferiche di montagna.
Tutte queste misure dovrebbero essere approvate. L'unico partito che si è già detto contrario è l'UDC, gli altri dovrebbero invece verosimilmente esprimersi a favore. A tal proposito, Jacques Bourgeois ha sostenuto "come ogni settore economico debba dare il suo contributo".