L’ex aiutante capo della polizia stradale non ne vuole sapere di godersi il riposo. E apre una singolare scuola guida.
«Questione di passione. Vorrei che questo diventasse un punto d’incontro», evidenzia il 60enne. Che ora dovrà indossare guanti e mascherine: «Ecco come si lavorerà».
MANNO - Potrebbe tranquillamente godersi la pensione. Invece, all’età di 60 anni, ha deciso di rimettersi in gioco, aprendo una singolare scuola guida a Manno. Nuova sfida "post Covid-19" per Alvaro Franchini, ex aiutante capo della polizia stradale ticinese. «Vorrei che quello appena creato diventasse un punto d’incontro in cui si possa discutere a 360 gradi sui temi della sicurezza stradale. Uno spazio che in Ticino, al momento, non c’è».
Ora che potrebbe finalmente godersi la vita… Chi glielo fa fare?
«La passione. Ho sempre avuto a cuore il tema della sicurezza stradale. Non riesco a starne lontano. È come una missione per me. E poi ho bisogno di stare in mezzo alla gente, di parlare con i giovani».
Cosa significa fare scuola guida dopo una pandemia come quella appena vissuta?
«Adattarsi a un nuovo contesto. Le lezioni in auto potranno essere svolte solo rispettando rigide direttive. Bisognerà indossare guanti e mascherina. E il sedile verrà coperto da una plastica protettiva monouso. Dopo ogni lezione, l'abitacolo verrà completamente disinfettato. Potremo iniziare a operare a partire da lunedì 11 maggio».
Le lezioni teoriche saranno leggermente più semplici?
«Un po'. Al massimo potranno parteciparvi cinque persone, compreso il relatore. E anche in quel caso si punterà parecchio sulla protezione personale. Non solo presentandosi con la mascherina. Ma anche disinfettando gli spazi prima e dopo i corsi».
Insomma, uno stress non da poco...
«C'è anche un lato positivo. A livello di società, saremo tutti più attenti all'igiene. E questo non guasta. Tornando al nostro settore, la cosa che più mi spiace è che questi accorgimenti genereranno spese supplementari non indifferenti. Spese che alla fine si ripercuoteranno, ancora una volta, sull'anello più debole della catena. E cioè il cliente».
Parliamo di viabilità: qual è il problema più grosso al momento?
«La convivenza tra i vari utenti della strada. Dalle biciclette elettriche ai camion, passando ovviamente per le auto. Nessuno rinuncia al mezzo privato. Soprattutto dopo una pandemia. I mezzi pubblici di base sono ancora troppo cari e mancano le coincidenze. Bisognerà vedere, dopo il Covid-19, quanto bus e treni saranno ancora gettonati. E occorrerà anche capire quali restrizioni, numeriche o igieniche, ci saranno sui mezzi pubblici. Di conseguenza temo che, almeno nell'immediato, le strade saranno sempre più intasate».
Auto sempre più tecnologiche. Cosa ne pensa?
«Ritengo sia un aspetto positivo. Tanti incidenti sono dovuti alla disattenzione. La vigilanza che il conducente non ha, a un certo punto, sarà sopperita dalla tecnologia. Il cambio automatico, inoltre, sarà sempre più richiesto».
Tutte queste novità non possono, al contrario, essere fonte di distrazione?
«È vero che un conducente potrebbe essere portato ad allungare le mani su ciò che offre il cruscotto. Però l’auto moderna può proiettare tutto quanto ti serve sul vetro. È questione di abitudine e di disciplina».
Un giorno le auto andranno davvero da sole?
«Sì. Ci vorrà una decina d’anni. Forse meno. È un processo già in atto. Dovremo prepararci a una grande rivoluzione dal profilo del traffico».
E anche a un ulteriore caos sulle reti stradali?
«Una cosa è certa: la tecnologia dovrà essere impeccabile. Ogni auto dovrà essere in grado di comunicare con l’altra. Non potranno esserci sbavature. Cambieranno, di conseguenza, anche diverse leggi della circolazione».
Qual è il messaggio più difficile da fare passare nei confronti dei giovani oggi?
«Ci vogliono più competenze personali nella lettura del traffico rispetto a 30 anni fa. Gli utenti si sono moltiplicati. È richiesto un grado di attenzione maggiore. Dunque assolutamente bando alle distrazioni, come ad esempio il cellulare».