Il sindacato Unia tra un «anno drammatico», quello trascorso, e uno «difficile» tutto da affrontare.
Quindi le critiche al Governo cantonale: «Il miglioramento della situazione lo si deve a Berna. E ora non è il momento di riaprire»
LUGANO - Un 2020 che si era aperto all’insegna della normalità e della programmazione di tre priorità assolute: aumenti salariali, difesa del potere d’acquisto e rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Poi il Covid e tutto ciò che ne è conseguito: «un anno drammatico». Così è stato per il sindacato Unia che, in una conferenza odierna, oltre a tirare le somme dell'anno da poco trascorso ha snocciolato gli obiettivi di questo 2021.
Del 2020 il sindacato ha voluto ricordare gli sforzi partiti con la sensibilizzazione sui luoghi di lavoro all'uso di mascherine e al mantenimento delle distanze, e terminati con le critiche alle riaperture precoci e le lotte contro l'«ulteriore degradarsi delle condizioni lavorative», come sottolineato da Giangiorgio Gargantini, Segretario regionale e Responsabile del Settore Terziario.
I CCL, tempo di rinnovi - Proprio per evitare queste criticità, l'anno in corso vedrà l'azione sindacale concentrarsi su diversi aspetti, uno dei quali i Contratti Collettivi di Lavoro. «È un anno fondamentale per i diritti di molti lavoratori, tra vuoti contrattuali e importanti rinnovi», ha spiegato Igor Cima, Segretario della Sezione Sopraceneri e responsabile del Settore Artigianato.
«Cercheremo d'intervenire nelle aziende per far rispettare i contratti concentrandoci soprattutto su quelle situazioni difficili che toccano il settore dei falegnami, a cui è stato rifiutato il prepensionamento, dei gessatori, o degli architetti e ingegneri. Senza dimenticarci dell'edilizia, settore per il quale è il caso d'iniziare in anticipo le discussioni per il rinnovo del contratto nel prossimo anno».
Salari: «Emergenza sociale» - Priorità «sempre più attuale e urgenza sempre più visibile» è poi il discorso dei salari. «In Ticino si tratta di una vera e propria emergenza sociale», ha sottolineato Vincenzo Cicero, Segretario Sezione Sottoceneri e responsabile Settore Industria. «Abbiamo i salari mediani più bassi della Svizzera. Per non parlare del tasso e del rischio di povertà - aggiunge -. E dovremo fare i conti con la parte padronale che, per la prima volta, sta affrontando la situazione di criticità diminuendo i salari. Una formula nuova a cui non avevamo mai assistito alla quale non bisogna soggiacere».
Sul salario minimo cantonale Cicero non ha nascosto le proprie preoccupazioni: «A dicembre si partirà anche con questo discorso. La battaglia del sindacato sarà quella di garantire questi salari evitando che vengano erose le altre condizioni di lavoro». Tra gli altri impegni, poi, l'annosa questione della parità salariale, del dumping e dello schiacciamento delle qualifiche: «Il Ticino è l'unica regione dove non esiste il lavoratore specializzato. Il mancato riconoscimento dell'esperienza riconosciuta oltre frontiera come lo sminuire le competenze acquisite sul posto di lavoro permette di sfruttare il frontalierato. Una situazione, anche questa alla quale occorre far fronte».
Situazione «disastrosa» sui cantieri - Ultimo, ma non meno importante il tema legato alla salute. «Rispetto alla pandemia hanno vinto le grandi potenze economiche che hanno dettato ritmi e scelte» ha ammesso Dario Cadenazzi, Responsabile del Settore Edilizia. «In un quadro complesso come quello della nostra regione abbiamo effettuato un sondaggio sui cantieri constatando una situazione disastrosa. Continuano a verificarsi poi casi d'infortunio e morti e quello che è successo con la pandemia non porterà altro che a una accelerazione di dinamiche già in atto».
«Stress, non vacanza» - I problemi non riguardano solo i cantieri. «I datori di lavoro hanno parlato di dipendenti "in vacanza" durante la pandemia. In realtà erano chiusi in casa. I dati sono chiari: c'è stato un aumento dello stress, della preoccupazione, ai quali sono seguiti un ritorno al lavoro con ritmi accelerati. Non possiamo tollerare che si rischino salute e vita sul posto di lavoro», aggiunge Cadenazzi.
«Il merito non è delle autorità cantonali» - Infine una critica, anche severa, rivolta alle autorità cantonali. «Nonostante le cifre relative al contagio siano in costante diminuzione, il virus in circolazione è più aggressivo e necessaria attenzione e prudenza. Occorre quindi proseguire con la chiusura delle attività economiche non essenziali» spiega Gargantini. «La narrazione vuole che sul posto di lavoro non ci si ammali. E proprio per questo la Svizzera è l'unico paese che non ha mai segnalato i focolai sui posti di lavoro. Una scelta politica per non impedire il lavoro nonostante la situazione. Ma non va bene». «Se in Ticino la situazione è sensibilmente migliorata - aggiunge - lo si deve alle scelte delle autorità federali, non al «passo del montanaro» promosso dal Presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi. Se avessimo continuato così, saremmo probabilmente ancora ai primi posti delle classifiche europee per numero di contagi. Quindi dobbiamo dire grazie alle decisioni prese e livello federale, chieste dal sindacato, ma contestate dalle autorità cantonali che ora vogliono arrogarsi il merito dei risultati».
Per Gargantini occorre ancora prudenza: «Non è ancora il momento di riaprire. Siamo in pieno inverno e i paesi europei che hanno proceduto a queste aperture oggi sono confrontati a situazioni pandemiche fuori controllo».