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«Una Pasqua come quella del 2020 sarebbe moralmente pesante»

CANTONE«Una Pasqua come quella del 2020 sarebbe moralmente pesante»

24.02.21 - 17:10
Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato ticinese, ospite di Piazza Ticino. Guarda il video.
Ti-Press (archivio)
«Una Pasqua come quella del 2020 sarebbe moralmente pesante»
Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato ticinese, ospite di Piazza Ticino. Guarda il video.
La Confederazione cerca di uscire dal semi lockdown. Piangono ancora i ristoratori. «Gli aiuti statali non sostituiscono il lavoro», ammette il direttore del Dipartimento delle istituzioni.

BELLINZONA - «Da parte nostra si saluta positivamente il fatto che non si è tenuto il primo aprile come termine per successivi allentamenti. A metà marzo ci sarà una consultazione che potrebbe avere effetti già dal 22 marzo. Come aveva richiesto il Governo ticinese. Un altro aspetto importante è che tutti gli under 20, e non solo gli under 18, potranno praticare attività sportive». È la prima reazione di Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato ticinese, dopo le decisioni della Confederazione per tentare di uscire dal semi lockdown. Dal Ticino si invocava meno prudenza. Gobbi, ospite di piazzaticino.ch, contestualizza. «Più volte nel corso della conferenza stampa di Berna è emersa l'incognita delle varianti del Covid-19. La prudenza è dettata da questo timore». 

Da qui al prossimo 22 marzo sarà difficile per il cittadino capire cosa può fare e cosa non può fare. Il documento con le direttive è simile a un ginepraio. Da direttore del Dipartimento delle istituzioni ne è consapevole?
«Ne siamo coscienti tutti. Soprattutto come autorità che devono poi fare rispettare le direttive. Dall'inizio della pandemia il problema è sempre stato quello di essere comprensibili e chiari verso la cittadinanza. I rapporti esplicativi devono essere trasparenti. Pensiamo anche solo a chi si occupa di attività sportive e deve capire cosa può fare e cosa no. La polizia in ogni caso ha sempre cercato il dialogo. Evidentemente se ci sono reiterati comportamenti non conformi, si deve intervenire». 

I ristoratori restano col morale a terra. Percepite la loro ansia?
«Sì. Considerando l'ultimo anno, siamo a quasi cinque mesi di chiusura forzata. Diventa difficile resistere per un'attività. Anche dal punto di vista morale. Abbiamo a che fare con imprenditori che spesso hanno "investito del loro", e che fanno del bene al turismo. Ci rendiamo conto che gli aiuti statali non sostituiranno mai il guadagno portato dal lavoro. Si parla anche di una possibile apertura delle terrazze dal 22 marzo. Il Governo ticinese non è d'accordo, perché questo crea disparità verso chi la terrazza non ce l'ha». 

Pasqua è già il 4 aprile. Terribilmente vicina considerando che sarà un periodo "di prova" importante. Preoccupato?
«È una Pasqua che arriva presto. Dobbiamo riflettere su questo. Speriamo e crediamo che l'evoluzione dei contagi possa restare buona. Dovessero esserci peggioramenti, il rischio di una Pasqua come quella del 2020 c'è. Ci vuole il contributo di tutti, che arriva quando la popolazione sente proprie determinate misure, le supporta e le sopporta. È un discorso intergenerazionale». 

Come valuta la situazione degli Stati confinanti, in particolare dell'Italia in cui si ipotizza una "terza ondata"?
«Stiamo osservando la situazione di Brescia, ad esempio, dove c'è una forte crescita di contagi dovuta alle mutazioni. È importante evidenziare come in Ticino abbiamo avuto focolai legati alle mutazioni, ma siamo stati capaci di circoscriverli, depistando anche gli asintomatici». 

"Si celebra" l'anniversario del primo caso ufficiale di Covid-19 in Svizzera. Personalmente come ha vissuto questi 12 mesi?
«È un anno che è lungo per tutti. Anche per chi è in Consiglio di Stato. Vogliamo tornare alla normalità. Ci sono ancora tante limitazioni, in particolare per la nostra vita sociale. La nostra cultura è basata sulla voglia di stare insieme. Abbiamo rinunciato al carnevale e a tante altre cose. Rinunciare un'altra volta alla Pasqua sarebbe moralmente pesante. Mi confronto spesso con persone che si occupano di psicologia, di psicoterapia e di psichiatria. C'è un grande livello di stanchezza nella popolazione. Comprendo i malumori delle persone. Si fa sempre più fatica a rispettare queste limitazioni. Alcuni non comprendono come mai bisogna continuare a mantenere le restrizioni nonostante gli ospedali non siano strapieni. Chiediamo ancora prudenza e pazienza, soprattutto in questa fase che potrebbe davvero essere decisiva». 

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